lunedì 4 ottobre 2010
In 250mila hanno assistito alla Messa celebrata dal Papa, che ha invitato a seguire l'esempio di don Puglisi. Poi ha citato Livatino, esortando a non vergognarsi «di dare testimonianza al Signore: ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo». Sulla via del ritorno si è fermato a Capaci sul luogo dell'attentato a Falcone.
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«A Palermo, come anche in tutta la Sicilia, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale» e «a causa della criminalità organizzata. Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza e il mio ricordo nella preghiera». Lo ha detto, ieri mattina, Benedetto XVI, nella celebrazione eucaristica al Foro Italico di Palermo, dove il Pontefice si è recato in occasione del raduno ecclesiale regionale delle famiglie e dei giovani. Testimoniare la fede. «Sono qui – ha aggiunto - per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione». Il Papa ha invitato a conservare il «prezioso tesoro di fede della vostra Chiesa; siano sempre i valori cristiani a guidare le vostre scelte e le vostre azioni!». A fedeli laici ha ripetuto: «Non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili!». La fede dona «la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra». Il Pontefice ha anche esortato a non vergognarsi «di dare testimonianza al Signore nostro»: «Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce! La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare». «Popolo di Sicilia, guarda con speranza al tuo futuro! Fa’ emergere in tutta la sua luce il bene che vuoi, che cerchi e che hai! Vivi con coraggio i valori del Vangelo per far risplendere la luce del bene! Con la forza di Dio tutto è possibile!», ha sostenuto.La via della santità. «La Sicilia è costellata di santuari mariani, e da questo luogo, mi sento spiritualmente al centro di questa "rete" di devozione, che congiunge tutte le città e tutti i paesi dell’Isola». Così il Papa all’Angelus. La Vergine, è stato l’auspicio, «sostenga le famiglie nell’amore e nell’impegno educativo; renda fecondi i germi di vocazione che Dio semina largamente tra i giovani; infonda coraggio nelle prove, speranza nelle difficoltà, rinnovato slancio nel compiere il bene. La Madonna conforti i malati e tutti i sofferenti, e aiuti le comunità cristiane affinché nessuno in esse sia emarginato o bisognoso». A Maria, modello di vita cristiana, il Pontefice ha chiesto soprattutto di far camminare i siciliani «sulla via della santità». Ha poi ricordato che stamattina, a Parma, è stata proclamata beata Anna Maria Adorni, che, «a motivo della sua costante preghiera, veniva chiamata "Rosario vivente"». Il ricordo di don Puglisi. Nell’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella cattedrale di Palermo, oggi pomeriggio Benedetto XVI ha ricordato che il sacerdote è «portatore di una speranza forte, di una "speranza affidabile" quella di Cristo, con la quale affrontare il presente, anche se spesso faticoso». Non è mancato un pensiero a don Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia, il quale «aveva un cuore che ardeva di autentica carità pastorale; nel suo zelante ministero ha dato largo spazio all’educazione dei ragazzi e dei giovani, e insieme si è adoperato perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di prima educatrice della fede dei figli. Lo stesso popolo affidato alle sue cure pastorali ha potuto abbeverarsi alla ricchezza spirituale di questo buon pastore, del quale è in corso la causa di beatificazione». Di qui l’esortazione «a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacerdotale imitandone l’eroico esempio». Il no alla mafia. L’esempio di Chiara Badano, morta a 19 anni per una malattia incurabile e beatificata il 25 settembre a Roma: lo ha offerto come modello da seguire Benedetto XVI, incontrando i giovani e le famiglie della Sicilia, ieri sera, in Piazza Politeama. Gli ultimi due anni di Chiara sono stati «pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce», sicuramente per «una grazia di Dio», che è stata, però, «anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana», quella di Chiara stessa, dei suoi genitori e dei suoi amici, ma prima di tutto «i genitori, la famiglia». Il primo messaggio del Pontefice è questo: il rapporto tra i genitori e i figli «è fondamentale» perché è «la fiaccola della fede che si trasmette di generazione in generazione». Anche in Sicilia «ci sono splendide testimonianze di giovani cresciuti come piante belle, rigogliose, dopo essere germogliate nella famiglia, con la grazia del Signore e la collaborazione umana», come la beata Pina Suriano, le venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magno, i servi di Dio Rosario Livatino e Mario Giuseppe Restivo. «Spesso – ha ammesso il Pontefice - la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia!». Il Papa ha offerto l’immagine dell’albero «molto significativa per rappresentare l’uomo»: «Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel "fiume" del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo».Sulla via di ritorno verso l'aeroporto di Palermo, a conclusione della sua visita nel capoluogo siciliano, Benedetto XVI si è fermato lungo l'autostrada nel luogo della strage di Capaci, dove il 23 maggio '92 furono uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.Come un mosaico. La famiglia è «piccola Chiesa», perché «trasmette Dio, trasmette l’amore di Cristo, in forza del sacramento del matrimonio. L’amore divino che ha unito l’uomo e la donna, e che li ha resi genitori, è capace di suscitare nel cuore dei figli il germoglio della fede, cioè la luce del senso profondo della vita». Ma la famiglia, per essere «piccola Chiesa», deve vivere ben inserita nella «grande Chiesa», cioè «nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare», anche attraverso i movimenti e le associazioni ecclesiali. Pur nella consapevolezza delle difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel Sud d’Italia, il Pontefice ha ringraziato i presenti in quanto «segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia. Io vi ho portato una testimonianza di santità, e voi mi offrite la vostra: i volti dei tanti giovani di questa terra che hanno amato Cristo con radicalità evangelica; i vostri stessi volti, come un mosaico! Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento di unità, di pace, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa forza! Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi!».
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