giovedì 30 maggio 2013
​Papa Francesco ha celebrato ieri sera la Messa del Corpus Domini sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Nell'omelia riferimenti alla solidarietà: quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza. Al termine la processione a piedi verso Santa Maria Maggiore. (MImmo Muolo)
IL TESTO DELL'OMELIA
OMELIA IN SANTA MARTA «Dio è gioia, non annunciano il Vangelo cristiani sfiduciati»
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In piedi, gli occhi fissi sulla folla, nel silenzio di Piazza San Giovanni – per una sera sottratta al vorticoso traffico romano e trasformata in tempio a cielo aperto – il Papa pone le sue domande sull’Eucaristia. «Come seguo io Gesù? Mi lascio trasformare da Lui? Come vivo l’Eucaristia?». Poi rivolge il suo appello: «Nella Chiesa e nella società non dobbiamo avere paura della solidarietà» e non dobbiamo pensare solo a noi stessi. Domande e affermazioni dirette, quasi come se si trovasse davanti a un ristretto gruppo di fedeli in parrocchia. E invece tutto intorno all’altare ci sono decine di migliaia di persone, arrivate da tutta Roma per la solennità del Corpus Domini. Prima la Messa, celebrata sul sagrato della Cattedrale di Roma, poi la tradizionale processione fino a Santa Maria Maggiore, che il Papa segue a piedi e alla quale prende parte una folla strabocchevole, che si stringe intorno all’Eucaristia in una intensa adorazione itinerante.«Sequela, comunione, condivisione», sono le parole chiave dell’omelia pronunciata dal Papa. E trovano un puntuale riscontro non solo nel suo discorso, ma anche in tutto lo svolgimento del tradizionale appuntamento, presenti il cardinale vicario, Agostino Vallini, il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, numerosi porporati e vescovi e tanti sacerdoti. Il servizio liturgico viene svolto dai seminaristi dei Legionari di Cristo.Francesco comincia proprio dalla sequela di Gesù, simboleggiata dalla processione. E paragona i fedeli romani alla folla che beneficiò della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Quindi afferma: «Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri». Questa è la logica di Dio. Nel famoso episodio evangelico, invece, i discepoli propongono una soluzione diametralmente opposta. «Ognuno pensi a se stesso; congedare la folla. Quante volte –– sottolinea il Papa – noi cristiani abbiamo questa tentazione. Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso "Che Dio ti aiuti" o con un non tanto pietoso "Buona Fortuna". E se non ti vedo più...». Gesù dice invece: «Voi stessi date loro da mangiare». «L’Eucaristia – annota il Papa – è il Sacramento della comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui. Allora dovremmo chiederci tutti davanti al Signore: come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tanti fratelli e sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?». E ancora: «Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto per uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?».Infine Francesco mette l’accento sulla distribuzione dei pani e dei pesci alla folla. Operata proprio dai discepoli, che si erano «fidati della parola di Gesù». «Questo ci dice – spiega il Pontefice – che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano».Nella festa del Corpus Domini, insomma, «anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci». Cristo ci dà «la sua vita, che vince il male, l’egoismo, la morte». E dunque, aggiunge il Papa, proprio «nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla».Sequela, comunione, condivisione. Quando al termine della Messa, al canto del Pange Lingua parte la processione, il colpo d’occhio concretizza chiaramente le tre parole chiave dell’omelia papale. I fedeli sfilano in silenzio con le fiaccole in mano. Ma tutti gli occhi sono rivolti all’ostensorio con l’Ostia consacrata, posto su un veicolo appositamente predisposto, dietro il quale Francesco si fa pellegrino, insieme con gli altri fedeli. A poco a poco via Merulana diventa un fiume luminoso che sfocia sul Sagrato di Santa Maria Maggiore. La processione ha così il suo culmine e si conclude con un momento di adorazione, prima della benedizione finale. Preludio dell’adorazione in contemporanea mondiale che si svolgerà domenica prossima in San Pietro e in tutte le Cattedrali del mondo.
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