giovedì 11 febbraio 2010
Benedetto XVI nell'omelia per la Giornata del malato: «Evangelizzazione e cura dei malati sono le due opere essenziali» Richiamando la sollecitudine di Dio nei confronti degli uomini che «vuole guarire tutto l'uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati».
  • Il testo integrale dell'Omelia
  • Bagnasco: «Nessuno può chiedere la morte»
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    «Evangelizzazione e cura dei malati nel corpo e nello spirito»: sono le due «opere essenziali» svolte dalla Chiesa, «cui è affidato il compito di prolungare nello spazio e nel tempo la missione di Cristo». Lo ha detto questa mattina Benedetto XVI, nell’omelia della celebrazione che ha presieduto in San Pietro per la Giornata del Malato e in occasione del XXV di istituzione del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Richiamando la sollecitudine di Dio nei confronti degli uomini («vuole guarire tutto l’uomo – ha detto il Papa – e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati»), ha quindi definito il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, istituito 25 anni or sono dal Venerabile Giovanni Paolo II, una «espressione privilegiata di tale sollecitudine». Dopo aver espresso parole di ringraziamento per il servizio svolto dai presidenti cardinale Fiorenzo Angelini, cardinale Javier Lozano Barragan, e oggi dal nuovo presidente mons. Zygmunt Zimowski, si è rivolto anche alle associazioni che si dedicano ai malati, l’Unitalsi (trasporti a Lourdes e santuari mariani), Opera Romana Pellegrinaggi e altre, oltre che alle migliaia di volontari ed ammalati in collegamento radio e televisivo dai santuari di Lourdes, Fatima, Czestochowa.«Nel Magnificat sentiamo la voce di tanti Santi e Sante della carità, penso in particolare a quelli che hanno speso la loro vita tra i malati e i sofferenti, come Camillo de Lellis e Giovanni di Dio, Damiano de Veuster e Benedetto Menni. Chi rimane a lungo vicino alle persone sofferenti, conosce l’angoscia e le lacrime, ma anche il miracolo della gioia, frutto dell’amore»: così il Papa ha poi sviluppato la meditazione sul rapporto tra sofferenza e fede in Dio, richiamando il ruolo della Chiesa. Essa – ha proseguito – «come Maria, custodisce dentro di sé i drammi dell’uomo e la consolazione di Dio, li tiene insieme, lungo il pellegrinaggio della storia. Attraverso i secoli, la Chiesa mostra i segni dell’amore di Dio, che continua ad operare cose grandi nelle persone umili e semplici. La sofferenza accettata e offerta, la condivisione sincera e gratuita, non sono forse miracoli dell’amore?». «In questo modo i malati e tutti i sofferenti – ha poi affermato - sono nella Chiesa non solo destinatari di attenzione e di cura, ma prima ancora e soprattutto protagonisti del pellegrinaggio della fede e della speranza, testimoni dei prodigi dell’amore, della gioia pasquale che fiorisce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo».
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