lunedì 3 giugno 2013
​Il Pontefice si è unito in preghiera nella basilica di San Pietro con duemila pellegrini della diocesi di Bergamo, nei cinquant'anni dalla morte di Angelo Roncalli. «Trasmetteva pace perché aveva un animo pacificato». Il suo amore per la Chiesa e il Concilio «pietre miliari» nella storia del cattolicesimo. L'appello: imitare la sua santità.IL DISCORSO ​
E anche allora ci fu chi chiese: Santo subito (Marco Roncalli)

Solidarietà, esercizio della sovranità di Flavio Felice
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Papa Giovanni XXIII è stato nella sua vita «un promotore di unità», capace di «trasmettere pace, perché aveva un animo profondamente pacificato». Si è espresso così papa Francesco, unendosi oggi pomeriggio in preghiera, nella basilica di San Pietro, ai duemila fedeli della diocesi di Bergamo nel 50esimo anniversario della morte di papa Angelo Roncalli. Dopo alcuni minuti di raccoglimento davanti all'altare che custodisce le spoglie mortali del beato, Bergoglio ha rivolto un saluto ai pellegrini al termine della Messa celebrata dal vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi.«Esattamente cinquant’anni fa, proprio in quest’ora - ha detto il Pontefice - il beato Giovanni XXIII lasciava questo mondo. Chi, come me, ha una certa età, mantiene un vivo ricordo della commozione che si diffuse ovunque in quei giorni: Piazza San Pietro era diventata un santuario a cielo aperto, accogliendo giorno e notte fedeli di tutte le età e condizioni sociali, in trepidazione e preghiera per la salute del Papa. Il mondo intero aveva riconosciuto in Papa Giovanni un pastore e un padre. Pastore perché padre. Che cosa lo aveva reso tale? Come aveva potuto arrivare al cuore di persone così diverse, persino di molti non cristiani? Per rispondere a questa domanda, possiamo richiamarci al suo motto episcopale, Oboedientia et pax: obbedienza e pace. «Queste parole - annotava Mons. Roncalli alla vigilia della sua consacrazione episcopale - sono un po’ la mia storia e la mia vita».«Angelo Roncalli era un uomo capace di trasmettere pace; una pace naturale, serena, cordiale; una pace che con la sua elezione al Pontificato si manifestò al mondo intero e ricevette il nome della bontà - ha aggiunto papa Francesco -. Fu questo indubbiamente un tratto distintivo della sua personalità, che gli permise di costruire ovunque solide amicizie e che risaltò in modo particolare nel suo ministero di Rappresentante del Papa, svolto per quasi tre decenni, spesso a contatto con ambienti e mondi assai lontani da quell’universo cattolico nel quale egli era nato e si era formato. Proprio in quegli ambienti egli si dimostrò un efficace tessitore di relazioni ed un valido promotore di unità, dentro e fuori la comunità ecclesiale, aperto al dialogo con cristiani di altre Chiese, con esponenti del mondo ebraico e musulmano e con molti altri uomini di buona volontà. In realtà, Papa Giovanni trasmetteva pace perché aveva un animo profondamente pacificato, frutto di un lungo e impegnativo lavoro su se stesso».Insieme all'obbedienza, questo è stato l'insegnamento di Roncalli, valido anche per la Chiesa del nostro tempo, ha spiegato Bergogli: «Se sapremo lasciarci condurre dallo Spirito Santo, se sapremo mortificare il nostro egoismo per fare spazio all’amore del Signore e alla sua volontà, allora troveremo la pace, allora sapremo essere costruttori di pace e diffonderemo pace attorno a noi». A cinquant’anni dalla sua morte, «la guida sapiente e paterna di Papa Giovanni - ha poi concluso - il suo amore per la tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento, l’intuizione profetica della convocazione del Concilio Vaticano II e l’offerta della propria vita per la sua buona riuscita, restano come pietre miliari nella storia della Chiesa del XX secolo e come un faro luminoso per il cammino che ci attende. Ai fedeli bergamaschi, «giustamente orgogliosi del "Papa buono"». papa Francesco ha infine fatto l'invito a «custodire il suo spirito, approfondire lo studio della sua vita e dei suoi scritti, ma soprattutto, a imitare la sua santità».

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