sabato 27 luglio 2013

 Oggi il Papa ha consegnato ai vescovi del Brasile un documento in cui delinea la missione della Chiesa di oggi: «Serve una Chiesa che non abbia paura di uscire nella loro notte». In precedenza aveva incontrato i dirigenti del Paese, con il richiamo alla cultura del dialogo e dell'incontro. Al mattino nella cattedrale di Rio il Papa ha celebrato la Messa insieme alle centinaia di vescovi della Gmg: «Cercate Cristo tra i poveri».
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LE FOTO Il Papa con il copricapo aborigeno 


LE PAROLE DEL PAPA 
Il documento sulla missione della Chiesa (27/7) | Il discorso alla classe dirigente brasiliana (27/7) | L'omelia alla Messa con i vescovi (27/07) La riflessione alla Via Crucis (26/7) | L'Angelus (26/07) | L'omelia nella festa di accoglienza (25/7) | Il saluto ai giovani (25/7) | Il discorso alla comunità di Varginha (25/7)L'incontro con i giovani argentini (25/7) | Il discorso all'Ospedale San Francesco (24/7) | L'omelia all'Aparecida (24/7)| Il benvenuto (22/7)
 I VESCOVI ITALIANI: ANNUNCIO E DIALOGO NELLA CATECHESI Dal sito della pastorale giovanile

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La missione della Chiesa«C'è bisogno di una Chiesa semplice» altrimenti «la nostra missione è destinata al fallimento». Il Papa, incontrando a pranzo i cardinali e i vescovi del Brasile, tratteggia il programma della Chiesa utilizzando la metafora della barca e dei pescatori. «Le reti della Chiesa sono fragili, forse rammendate; la barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici che varcano gli oceani. E tuttavia - dice Francesco - Dio vuole manifestarsi proprio attraverso i nostri mezzi, mezzi poveri, perché è sempre lui che agisce». Nel lungo e denso discorso, il Pontefice ha sottolineato come «la gente semplice ha sempre spazio per far albergare il mistero. Forse abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore. Nella casa dei poveri Dio trova sempre posto». Altra metafora evocata da Papa Francesco ai vescovi brasiliani è quella dei discepoli di Emmaus che si allontanano da Gerusalemme con l'idea di essere dei vinti. Come i due in cammino fuori dalla Città Santa anche tanti fedeli «vanno per strada da soli, con la loro delusione. Forse la Chiesa è apparsa troppo debole, forse troppo lontana, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti».Cosa fare di fronte a questa situazione, chiede Francesco? La risposta è una rotta per il futuro: «Serve una Chiesa che non abbia paura di uscire nella loro notte. Serve una Chiesa capace di intercettare la loro strade. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto». Serve quindi una Chiesa che sia capace «di fare compagnia» e di «andare al di là del semplice ascolto». E che sia capace di «decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli. Serve una Chiesa capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo».Ai dirigenti del Brasile: «Favorite la cultura dell'incontro»Forte il richiamo del Papa alla classe dirigente brasiliana, a cui ha ricordato la necessità di una «visione umanista dell'economia e una politica che realizzi sempre più e meglio la partecipazione della gente, eviti gli elitarismi e sradichi la povertà». Chi ha un ruolo di guida deve avere obiettivi molto concreti, ha ricordato Bergoglio, e ricercare i mezzi specifici per raggiungerli. Poi la prospettiva religiosa: «Chi agisce responsabilmente colloca la propria azione davanti ai diritti degli altri e davanti al giudizio di Dio. Questo senso etico appare oggi come una sfida storica senza precedenti». Il Papa ha raccomandato alla leadership il metodo del dialogo costruttivo: «Dialogo tra le generazioni, il dialogo con il popolo, la capacità di dare e ricevere, rimanendo aperti alla verità». Fondamentale, nello sviluppo di un Paese, il «contributo delle grandi tradizioni religiose», sia pure in uno Stato laico, che «senza assumere come propria nessuna posizione confessionale, rispetta e valorizza la presenza del fattore religioso nella società». «L'unico modo per far progredire la vita dei popoli - ha concluso il Papa - è la cultura dell'incontro, una cultura in cui tutti hanno qualcosa di buono da dare e tutti possono ricevere qualcosa di buono in cambio». Infine il saluto ai dirigenti: «Vi incoraggio nel vostro impegno per il bene comune, che richiede da parte di tutti saggezza, priìudenza e generosità».L'incontro con la classe dirigente del BrasileAlle 11.30 (le 16.30 in Italia) il Papa è andato nel teatro Municipale per un incontro con la classe dirigente del Brasile. Dopo il saluto del vescovo di Rio, ha preso la parola un giovane orfano delle favelas, in rappresentanza della società civile. Ha parlato della piaga della tossicodipendenza, dell'esclusione sociale di tanti suoi coetanei, della criminalità che soffoca il futuro e del suo impegno per cambiare il suo destino attraverso l'impegno e lo studio. «Per anni ho cercato risposta alle disuguaglianze sociali, e l'ho trovata nell'amore. Ho sempre cercato di cambiare gli altri cambiando me stesso e amando il prossimo». Grande impatto le parole del giovane anche nel Papa, che si è commosso ad ascoltare.La Messa con i vescovi e i sacerdoti della Gmg«Abbiate il coraggio di andare controcorrente». Nella cattedrale di Rio Papa Francesco ha chiesto a 655 vescovi, ai sacerdoti e ai religiosi arrivati da tutto il mondo di trovare il coraggio di "uscire dalle parrocchie" e andare incontro anche a «chi è lontano». Citando Madre Teresa di Calcutta, Francesco ha invitato a «cercare Cristo tra i poveri» e poi ha chiesto di «promuovere la cultura dell'incontro». In serata a Copacabana Bergoglio presiederà la lunga veglia con i giovani della Gmg. «Rimanere in Cristo non è isolarsi»«Vorrei riflettere con voi su tre aspetti della nostra vocazione - ha esordito il Papa nell'omelia -: chiamati da Dio; chiamati ad annunciare il Vangelo; chiamati a promuovere la cultura dell’incontro. Chiamati da Dio. È importante ravvivare in noi questa realtà, che spesso diamo per scontata in mezzo ai tanti impegni quotidiani: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi», ci dice Gesù (Gv 15,16)». Poi ha continuato così: «Il “rimanere” con Cristo non è isolarsi, ma è un rimanere per andare all’incontro con gli altri. Mi vengono in mente alcune parole della Beata Madre Teresa di Calcutta: «Dobbiamo essere molto orgogliose della nostra vocazione che ci dà l'opportunità di servire Cristo nei poveri. È nelle “favelas”, en…. nei “cantegriles”, nelle “villas miseria”, che si deve andare a cercare e servire Cristo. Dobbiamo andare da loro come il sacerdote si reca all'altare, con gioia» (Mother Instructions, I, p. 80). Gesù, Buon Pastore, è il nostro vero tesoro, cerchiamo di fissare sempre più in Lui il nostro cuore».Forte anche il richiamo all'importanza di essere tutti missionari. «Aiutiamo i giovani a rendersi conto che essere discepoli missionari è una conseguenza dell’essere battezzati, è parte essenziale dell’essere cristiani, e che il primo luogo in cui evangelizzare è la propria casa, l’ambiente di studio o di lavoro, la famiglia e gli amici».«Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, quando tante persone sono in attesa del Vangelo! - ha sottolineato il Papa - Non è semplicemente aprire la porta per accogliere, ma è uscire dalla porta per cercare e incontrare! Con coraggio pensiamo alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia. Anche loro sono invitati alla mensa del Signore». E ancora: «Siamo chiamati a promuovere la cultura dell’incontro. Purtroppo, in molti ambienti, si è fatta strada una cultura dell’esclusione, una “cultura dello scarto”. Non c'è posto né per l’anziano né per il figlio non voluto; non c’è tempo per fermarsi con quel povero sul bordo della strada». Per cui, ha continuato Francesco, «Cari Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e anche voi Seminaristi che vi preparate al ministero, abbiate il coraggio di andare controcorrente. Non rinunciamo a questo dono di Dio: l’unica famiglia dei suoi figli».
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