giovedì 11 marzo 2010
Benedetto XVI ai sacerdoti: «Viviamo in un contesto culturale segnato dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita» e «non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato».
  • Il testo integrale del discorso
  • Teniamo ferma la differenza tra bene e male, di P. Sequeri
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    Di fronte alla «perdita del senso del peccato» e alla «crisi» del «sacramento della penitenza» occorre instaurare con i penitenti il «dialogo di salvezza» sull’esempio del Santo Curato d’Ars, e «tornare al confessionale» anche come «luogo in cui "abitare" più spesso». È l’esortazione rivolta questa mattina da Benedetto XVI ai partecipanti al corso promosso dalla Penitenzieria apostolica, ricevuti in udienza. Rammentando che il corso «si colloca, provvidenzialmente, nell’Anno sacerdotale» indetto per il 150° della morte di San Giovanni Maria Vianney, il Papa ne ha riproposto il «modo eroico e fecondo» di esercitare il ministero della riconciliazione e “il metodo del «dialogo di salvezza» che in esso si deve svolgere». «Viviamo in un contesto culturale segnato dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita, non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferimento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato» ha spiegato il Pontefice; «un circolo vizioso tra l’offuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del peccato» che «rende ancora più urgente il servizio di amministratori della misericordia divina».«Nelle condizioni di libertà in cui oggi», a differenza dell’epoca del Curato d’Ars, «è possibile esercitare il ministero sacerdotale, è necessario – ha ammonito Benedetto XVI - che i presbiteri» vivano in «modo alto» la «propria risposta alla vocazione» per poter «suscitare nei fedeli il senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio». È necessario, ha aggiunto il Papa, «tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il sacramento della riconciliazione, ma anche come luogo in cui ‘abitare’ più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto». La «crisi» del «sacramento della penitenza» interpella «anzitutto i sacerdoti» e «chiede loro di dedicarsi generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo». Per questo «è importante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica, nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze umane». «San Giovanni Maria Vianney – ha concluso Benedetto XVI - sapeva instaurare con i penitenti un vero e proprio ‘dialogo di salvezza’ mostrando la bellezza e la grandezza della bontà del Signore”. E’ compito del sacerdote “favorire quell’esperienza».
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