giovedì 14 ottobre 2010
I "valori non negoziabili" che Benedetto XVI ha indicato ai cattolici "non sono divisivi, ma unitivi ed è precisamente questo il terreno dell'unità politica dei cattolici". Lo ha affermato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco aprendo i lavori della Settimana Sociale dei cattolici italiani con un appello a non dividersi per non essere irrilevanti.
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I "valori non negoziabili" che Benedetto XVI ha indicato ai cattolici "non sono divisivi, ma unitivi ed è precisamente questo il terreno dell'unità politica dei cattolici". Lo ha affermato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco aprendo i lavori della Settimana Sociale dei cattolici italiani con un appello a non dividersi per non essere irrilevanti. Su questa linea di difesa dei valori irrinunicabili della sacralità vita e della famiglia fondata sul matrimonio, ha osservato il porporato, "si gioca il confine dell'umano. Su molte cose e questioni ci sono mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che non sono soggetti a mediazioni perché non sono parcellizzabili, non sono quantificabili, pena essere negati".Per Bagnasco, "è questa la ragione per cui la Chiesa non cerca l'interesse di una parte della società, quella cattolica o che in essa comunque si riconosce, ma è attenta all'interesse generale". Nel suo intervento, Bagnasco ha riconosciuto tuttavia che "questo ruolo 'correttivò della religione nei confronti della ragione, tuttavia, non è sempre bene accolto". E ciò, ha spiegato, avviene "in parte perché delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali. E, a loro volta, queste distorsioni della religione emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all'interno della religione". In proposito, il presidente della Cei ha fatto suo l'esempio proposto da Benedetto XVI nel discorso del 17 settembre al Parlamento britannico: "un uso distorto della ragione diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo". "La laicità - invece - nasce con il cristianesimo: il mondo, in quanto creato da Dio, non è Dio e la grazia della redenzione suppone la natura umana". E, ha citato ancora il cardinale - il Concilio Vaticano II è stato esplicito al riguardo la distinzione fino alla separatezza tra le due sfere, e il preteso confinamento della religione nello spazio individuale e privato, non appartengono alla visione nè cristiana nè religiosa delle cose, ma neppure alla ragione, semplicemente perché non appartengono all'uomo". "L'uomo - ha concluso - è uno in se stesso e non sopporta schizofrenie"."Le scelte dei cristiani, nella vita privata come in quella pubblica" devono essere "innanzitutto coerenti" con la fede, ha quindi sottolineato il presidente dei vescovi italiani. I cristiani - ha detto Bagnasco - "non possono prescindere da Cristo, pienezza della Verità e del Bene. Non possono mettere fra parentesi la conoscenza della fede;  non devono - come ricorda il Beato Antonio Rosmini - pensare la fede senza anche pensare nella fede. Non si tratta di imporre qualcosa a qualcuno, come diremo in seguito, ma di essere innanzitutto coerenti".Il messaggio del Papa. In precedenza era stato letto il messaggio inviato da papa Benedetto XVI alla Settimana sociale: «Alla vigilia del 150esimo anniversario dell’Unità nazionale, - scrive il Papa - da Reggio Calabria possa emergere un comune sentire, frutto di un'interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia il risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per il futuro che sia – per tutti – all’insegna del bene comune». È l’auspicio con cui si conclude il messaggio inviato al cardinal Angelo Bagnasco. Nel testo, Benedetto XVI rinnova l’appello – già lanciato a Cagliari nel 2008 – «perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell'attività politica senza complessi d’inferiorità». Una «presenza», questa, che «non s’improvvisa», ma «rimane l’obiettivo a cui deve tendere un cammino». Tutto ciò, attraverso «un cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all’uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti e di ciascuno». «L’impegno socio-politico, con le risorse spirituali e le attitudini che richiede, rimane una vocazione alta, a cui la Chiesa invita a rispondere con umiltà e determinazione», ha proseguito il Santo Padre.Per la Chiesa in Italia, «che opportunamente ha assunto la sfida educativa come prioritaria nel presente decennio, si tratta di spendersi nella formazione di coscienze cristiane mature, cioè aliene dall’egoismo, dalla cupidigia dei beni e dalla bramosia di carriera e, invece, coerenti con la fede professata, conoscitrici delle dinamiche culturali e sociali di questo tempo e capaci di assumere responsabilità pubbliche con competenza professionale e spirito di servizio».Riferendosi al tema della Settimana Sociale e all’«agenda di speranza», il Papa ha parlato di «un metodo di lavoro innovativo», e ha citato uno degli ambiti di approfondimento, che «riguarda il fenomeno migratorio e, in particolare, la ricerca di strategie e di regole che favoriscano l’inclusione delle nuove presenze».
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