giovedì 18 novembre 2010
Benedetto XVI, al termine dell’udienza del mercoledì, ha parlato della madre pachistana che rischia la morte, allargando il suo intervento anche a tutti i cristiani perseguitati. Il vescovo Rufin: il boia può essere fermato perché il governo sa di essere sotto gli occhi del mondo. IL TESTO INTEGRALE DELL'UDIENZA
  • Spartiacque per gli uomini e le nazioni di Fulvio Scaglione
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    Accorato appello di Benedetto XVI per la liberazione di Asia Bibi, la donna cristiana pachistana condannata a morte in nome della legge sulla blasfemia. «Oggi esprimo la mia vicinanza spirituale alla signora Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà». Così ieri il pontefice ha espresso la sua vicinanza per la vicenda della donna residente nella provincia del Punjab, la prima donna condannata a morte in Pakistan in nome della norma (istituita nel 1986) che punisce con la morte chiunque offenda l’islam. «In questi giorni – ha affermato Benedetto XVI concludendo l’udienza generale di ieri mattina in piazza San Pietro – la comunità internazionale segue con grande preoccupazione la difficile situazione dei cristiani in Pakistan, che spesso sono vittime di violenze o di discriminazione». Oltre al caso di Asia Bibi il Santo Padre ha rivolto la sua preghiera verso «quanti si trovano in situazioni analoghe, affinché anche la loro dignità umana ed i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati». E all’appello del pontefice hanno fatto eco le parole di monsignor Anthony Rufin, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, il quale – all’agenzia Sir – ha sottolineato che la condanna di Asia Bibi (sulla quale si attende il giudizio di appello del tribunale del distretto di Nankana, situato a 75 chilometri dalla capitale della provincia Lahore) «può essere fermata».Secondo il presule, infatti, «il governo del Pakistan sa di avere l’attenzione della comunità internazionale e ha paura di fare una cattiva impressione». Le pressioni e le campagne stampa promosse a diverso livello (in Italia dall’emittente Tv2000 e dall’agenzia AsiaNews, ma anche in corso in Francia per opera dell’associazione Aiuto alla Chiesa che soffre) iniziano quindi a dare i loro frutti. Al contempo però lo stesso monsignor Rufin evidenzia il dramma nel quale si situa la minoranza cristiana in Pakistan (il 3% della popolazione): «Paradossalmente, spesso le autorità usano la legge sulla blasfemia per proteggere le persone dai fondamentalisti che vogliono ucciderli». Intanto dal Pakistan giungono altre parole dei vescovi locali che hanno ringraziato il Papa per il suo appello in favore della cristiana condannata: «Siamo molto grati al Santo Padre per le sue parole in favore di Asia Bibi, per l’attenzione alle sofferenze dei cristiani in Pakistan e ai nostri diritti» ha dichiarato all’agenzia Fides monsignor Andrew Francis, vescovo di Multan, città del Punjab, la provincia dove si trova il villaggio della donna. «A nome dei vescovi, e dell’intera comunità dei credenti in Cristo, gli esprimiamo il nostro sincero grazie per il suo grande coraggio, per la protezione dei senza-voce, di quanti sono vittime innocenti di violenze e sopraffazioni». Al contempo il presule pachistano ha annunciato che si sta tenendo nelle chiese del Paese islamico «una grande campagna di preghiera per la vita di Asia Bibi: i fedeli si riuniscono in adorazione davanti al Santissimo Sacramento e pregare per la sua liberazione, affidando al Signore le sue sofferenze».Monsignor Francis offre inoltre altri dettagli sulla situazione di vita di Asia Bibi: «Il suo caso è molto triste. Siamo davvero indignati e sconcertati per l’abuso continuo di questa legge sulla blasfemia. Asia è madre di 4 bambini, uno dei quali è un disabile. È una grande e ingiusta sofferenza inflitta alla sua famiglia». Sul fronte del movimento civile che si batte contro la legge anti-blasfemia, intanto, è da registrare la posizione di Peter Jacob, segretario della Commissione per la giustizia e la pace della Conferenza episcopale pachistana: «Non siamo soddisfatti di come il governo sta affrontando la norma». Jacob sollecita l’esecutivo per istituire «al più presto» una Commissione nazionale per i diritti umani come «richiesto dalle Nazioni Unite».
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