martedì 14 agosto 2012
​All'indomani della pubblicazione della requisitoria e del rinvio a giudizio per l'ex aiutante di camera del Papa, parla il suo legale Carlo Fusco: «Dopo tutta la collaborazione si aspettava questa sentenza. Come già detto è ovviamente addolorato per l'accaduto»
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All'indomani della pubblicazione della requisitoria e del rinvio a giudizio per Paolo Gabriele, parla al blog di Tgcom24 'Stanze Vaticane' l'avvocato dell'ex aiutante di camera del Papa, Carlo Fusco. "Paolo è un uomo che adesso vuole riflettere - dice - dopo tutta la collaborazione si aspettava questa sentenza. Come già detto è ovviamente addolorato per l'accaduto". Sul mistero della presenza di una pepita d'oro nell'appartamento di Gabriele, l'avvocato del assistente del Papa spiega: "Paolo non sapeva nemmeno di avere in casa quella pepita (ancora dobbiamo capire se è una pepita o un monile). Lui stesso è rimasto meravigliato quando il giudice gli ha contestato questa circostanza".E ha spiegato: "La pietra rientra comunque tra quegli oggetti che a volte Paolo portava a casa per poi depositarli nel magazzino dove finiscono tutti i doni fatti al Papa. Come ha spiegato il mio assistito al giudice istruttore, lui era anche incaricato di portare alcuni dei regali in magazzino". Domanda analoga sorge per la presenza di una copia cinquecentesca dell'Eneide: "Come si legge nella sentenza - riferisce il legale - Paolo ha detto di aver chiesto in prestito il libro dell'Eneide a Mons. Gaenswein per far vedere il volume al professore del figlio e poi restituirlo. Era già successo con un atlante antico un po' di tempo fa: lo aveva chiesto e ottenuto dai superiori, il figlio lo aveva portato a scuola e poi era stato ovviamente riconsegnato in Vaticano".
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