martedì 12 luglio 2016
Dieci anni vissuti senza protagonismi. E con un po’di ironia.
Padre Lombardi lascia la sala stampa: equilibrio e sapienza
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Non sono stati dieci anni facili quelli che padre Federico Lombardi ha passato come direttore della Sala Stampa vaticana. Basterebbe citare le tempeste mediatiche provocate dal triste fenomeno degli abusi verso minori compiuti da chierici e ai due casi di Vatileaks con i relativi processi. Tempeste che il gesuita piemontese ha affrontato con sapienza ed equilibrio. Senza mai cedere a protagonismi, con uno stile minimalista e, quando necessario, condito anche da un pizzico di humor. Due lustri da portavoce, poi, passati con due Pontefici “mediaticamente” alquanto diversi come Benedetto XVI e papa Francesco, ai quali però si è saputo adattare alla perfezione. Originario di Saluzzo, 74 anni ad agosto, padre Lombardi è nipote sia del celebre gesuita Riccardo conosciuto come «il microfono di Dio» al tempo della Chiesa di Pio XII, sia del famoso giurista cattolico Gabrio. Compie il suo primo percorso scolastico a Torino e frequenta le scuole medie all’Istituto “Sociale” dei gesuiti. Nel 1960 entra nel noviziato della Provincia torinese della Compagnia ad Avigliana. Dal 1962 al 1965 compie gli studi filosofici all’Aloisianum dei gesuiti a Gallarate e poi si laurea in matematica all’Università di Torino. Dal 1969 al 1973 frequenta in Germania la Facoltà teologica della Philosophisch-Teologische Hochshule Sankt Georgen dei gesuiti a Francoforte sul Meno e ottiene la licenza in teologia. Viene ordinato prete nel 1973 e inizia a lavorare come redattore della Civiltà Cattolica, il quindicinale dei gesuiti italiani, di cui diventa vicedirettore nel 1977. Per sei anni, dal 1984 al 1990, è provinciale per l’Italia della Compagnia. Un anno dopo è nominato direttore dei programmi di Radio Vaticana, divenendone direttore generale nel 2005. Nel 2001 diventa pure direttore generale del Centro Televisivo Vaticano, dove rimane fino al gennaio 2013 quando lo lascia nelle mani di monsignor Dario Edoardo Viganò, ormai alla vigilia della storica rinuncia di Benedetto XVI. E nel marzo 2016 lascia Radio Vaticana, rimanendo ancora per alcuni mesi direttore della Sala Stampa, che era stato chiamato a dirigere nel 2006.   Il cambio della guardia alla radio e ora in Sala Stampa s’iscrive nella riforma e nell’unificazione dell’apparato mediatico vaticano, studiata a portata avanti da monsignor Viganò, nominato da papa Francesco alla guida della neonata Segreteria per la comunicazione. Ed è stato Viganò, presentando ieri i nuovi vertici della Sala Stampa, a ribadire come padre Lombardi abbia lasciato «come stile della sua professione » la «visione ecclesiale delle vicende », con «uno sguardo» cioè che «ha sempre tenuto insieme le differenti sensibilità, le differenti prospettive, segnate anche dalle differenti provenienze della cultura nella Chiesa». «Per cui la Chiesa – ha aggiunto monsignor Viganò – non è un’esperienza monolitica, è una esperienza molto multiforme e quindi padre Federico ha sempre cercato di fare questo lavoro mettendo insieme una visione di Chiesa che sia una visione ampia, una visione capace di tenere insieme - appunto - delle differenze, perché le differenze non sono luoghi dell’inimicizia, ma semplicemente l’arricchimento di una Chiesa, che proprio perché è Chiesa è così». Una seconda «grande ricchezza» di padre Lombardi, ha poi sottolineato il prefetto della Segreteria per la comunicazione, «è quella di aver vissuto quella che più volte ci ha richiamato Benedetto XVI prima e papa Francesco poi, cioè una ermeneutica spirituale della Chiesa». Infatti «la Chiesa non è una parte che sceglie una posizione, piuttosto che un’altra» ma «la Chiesa è cattolica e non riconosce a nessuno il ruolo dell’antagonista». Ed è «proprio questa visione, di una ermeneutica spirituale, che padre Lombardi ci ha insegnato».
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