lunedì 23 marzo 2020
Hanno perso la vita in 29, di cui 18 sacerdoti, un diacono permanente, due religiosi, due religiose e ben sei laici. Africa e America i continenti con il maggior numero di casi
L'abbraccio tra due cristiani pakistani dopo l'incendio della loro chiesta

L'abbraccio tra due cristiani pakistani dopo l'incendio della loro chiesta - Archivio Ansa

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Una lunga scia di sangue che ogni anno l’Agenzia Fides fotografa in un rapporto al termine dei dodici mesi dell’anno solare. Anche nel 2019 nel mondo hanno perso la vita 29 operatori pastorali, vittime di aggressioni, di rapine, di atti di violenza spesso legati alla loro missione. Un tributo di sangue che ha insanguinato soprattutto l’Africa e il continente americano, rispettivamente con 15 e 12 vittime. Gli altri due episodi si sono verificati in Asia e in Europa. Nell’elenco dello scorso anno troviamo i nomi di 18 sacerdoti, di cui 13 diocesani e 5 appartenenti a ordini religiosi, un diacono permanente, due religiosi, due religiose e ben 6 laici.

Una contabilità che Fides ha avviato nel 1980, proprio l’anno in cui venne assassinato, mentre celebrava la Messa, l’arcivescovo di El Salvador, Oscar Arnulfo Romero, di cui oggi ricorre il 40° anniversario del martirio. E proprio l’Agenzia delle Pontificie opere missionarie da 40 anni produce al termine dell’anno solare un rapporto sui dodici mesi che si stanno per concludere. Nel decennio dal 1980 al 1989 segnalò ben 115 missionari o operatori pastorali uccisi in modo violento. Un numero drammaticamente superato nel decennio successivo (1990-2000) che vide ben 604 vittime. Una cifra elevata anche a causa del genocidio compiuto in Rwanda che nel solo 1994 fece registrare l’uccisione di 604 operatori pastorali. Non meno sanguinosi sono stati i primi due decenni del nuovo secolo (2001-2019) che hanno visto complessivamente 485 morti. Facendo un bilancio globale in 40 anni vi sono state 1.204 vittime.

Se per la stragrande maggioranza si tratta di sacerdoti e religiosi vittime di violenza, nel corso del tempo non sono mancati anche laici e religiose a perdere la vita nel loro impegno dalla parte dei poveri, degli ultimi, dei più bisognosi. O anche solo perché hanno alzato la loro voce in difesa di chi è sfruttato o privato dei propri diritti naturali.

Nel lungo elenco stilato da Fides vi sono anche nomi di sacerdoti, vescovi e laici che hanno visto ufficialmente riconosciuto il proprio martirio in odio alla fede. Il nome più noto è ancora una volta l’arcivescovo salvadoregno Romero. Ma al suo si è unito nell’aprile dello scorso anno quello del vescovo argentino di La Rioja Enrique Angel Angelelli, assassinato dagli squadroni della morte del regime dittatoriale di Buenos Aires, assieme al suo autista mentre tornava dal funerale di due preti della sua diocesi, anch’essi assassinati perché "scomodi" all’allora dittatura argentina. E sempre nell’ottobre 2019 a Cremona è salito agli onori degli altari il missionario del Pime padre Alfredo Cremonesi, ucciso in odio alla fede il 7 febbraio 1953 nell’allora Birmania (oggi Myanmar) dopo aver speso 28 anni della sua vita in quella terra di missione.

Il rapporto Fides da qualche anno è anche occasione per far puntare i riflettori della cronaca su alcuni operatori pastorali che sono stati sequestrati e di cui non si è saputo più nulla. Il caso più noto è quello del gesuita padre Paolo Dall’Oglio rapito il 29 luglio 2013 a Raqqa in Siria e di cui non si è avuto più alcuna notizia. Stessa sorte per un altro missionario italiano, padre Pierluigi Maccalli della Società delle missioni africane (Sma), scomparso la notte tra il 17 e il 18 settembre 2018 in Niger all’interno della sua missione. Sacerdoti, religiosi e operatori pastorali per i quali è incessante la preghiera affinché possano tornare a casa anche se l’allungarsi del tempo fa crescere l’angoscia per la loro sorte.

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