sabato 8 dicembre 2012
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1. La fedeltà all’Alleanza genera un popolo «Dio fece posare sul suo capo… la sua alleanza» (Lettura, Sir 44,23). La Liturgia onora Ambrogio con il bel brano tratto dal Libro del Siracide. Ma come la grandezza del sommo sacerdote, così anche quella di Ambrogio, non si basa anzitutto sulle sue doti umane, culturali e sociali, ma sulla fedeltà all’Alleanza che Dio ha stabilito con lui. Fin dall’Antico Testamento l’Alleanza è la forma della reciproca appartenenza tra Dio e l’uomo. Essa ha nel nostro padre Ambrogio, generatore di un popolo di cui noi siamo gli eredi, un intramontabile paradigma. 2. Appartenenza non è possesso Tuttavia è soprattutto Gesù, il Buon Pastore, a generare il Suo popolo, la Chiesa. In che modo? Lo abbiamo appena ascoltato: «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – … abbandona le pecore e fugge… perché… non gli importa delle pecore» (Vangelo, Gv 10, 11-13). Con queste parole il Santo Vangelo ci aiuta a comprendere che il rapporto tra il buon pastore ed il gregge non è di possesso, ma appunto di appartenenza. Apparteniamo a Gesù e questo ci fa liberi.«Per il brigante [il mercenario], per gli ideologi e i dittatori, gli uomini sono soltanto un oggetto che essi possiedono. Per il vero pastore, invece, sono esseri liberi in vista della verità e dell’amore» (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret 1, p 326). Ogni sposo e ogni sposa, ogni madre ed ogni padre, ogni educatore, insomma: ogni autorità è chiamata a farne esperienza quotidiana. Lo dovremmo essere, soprattutto, noi cristiani che, qui a Milano, fin dai tempi di Sant’Ambrogio, siamo stati educati a difendere e custodire la libertà di ogni singolo uomo e dell’intero popolo di Dio: «In qualsiasi stato di schiavitù è sempre libero colui che […] guarda sicuro il presente e non è atterrito dal futuro» (Sant’Ambrogio, De Joseph).Quando dunque, nello statuto del Comune di Milano (art. 4, comma 1), si stabilisce che sul gonfalone ufficiale della città sia rappresentato Ambrogio “vescovo eletto dal popolo”, ritroviamo semplicemente, ai giorni nostri, questa decisiva idea di libertà che affonda le sue radici nella storia della città.Un’occasione privilegiata per riproporre questa felice tradizione di pensiero e di azione è «l’anniversario dell’editto di Costantino del 313… [alla cui costruttiva memoria ieri, in occasione dei Vesperi solenni, abbiamo come Chiesa ambrosiana ufficialmente dato inizio] È l’occasione non solo per riprendere il tema della libertà religiosa, ma anche per una riflessione, da condividere pacatamente con tutte le persone e istituzioni disponibili, sulla rilevanza pubblica della religione e sul bene per l’intera società di una comunità cristiana viva, unita, disponibile a farsi protagonista nel tessuto sociale secondo la sua specifica vocazione e secondo una idea di società democratica che anche i cristiani hanno contribuito a costruire e devono contribuire a rinnovare» (Lettera pastorale, 12.4 c). 3. Conoscenza e dono totale di sé «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore» (Vangelo, Gv 10,14-15). In questo passaggio evangelico le due parole, così come, sono decisive. Stabiliscono un nesso tra la forma di conoscenza reciproca che avviene tra Gesù ed il Padre e quella tra Gesù, Buon Pastore, e noi. Da questa conoscenza scaturisce il dono totale di sé . Conoscenza reciproca e dono di sé generano l’amore oggettivo ed effettivo. La nostra fede ce lo mostra nella persona e nella vita di Gesù che, vigilanti, aspettiamo in questo tempo di Avvento. Gesù è Misericordia, il vertice dell’amore, donata dal Padre per la potenza dello Spirito Santo a tutti gli uomini. Siccome Gesù ci conosce e si dona a noi, anche noi, nonostante i nostri limiti, possiamo farne esperienza. Per esempio la famiglia, l’unione stabile, fedele e aperta alla vita tra l’uomo e la donna, ad un tempo Chiesa domestica e cellula fondamentale e irrinunciabile della società, ci educa al “bell’amore”. 4. La missio ad gentes, orizzonte e paradigma di ogni comunità cristiana Questa profonda conoscenza nel dono di sé, propria del Buon Pastore, spalanca al senso compiuto della vita. Nelle nostre terre, ancora oggi, lo impariamo fin da bambini con la cosiddetta “iniziazione cristiana”.Il significato e la direzione di cammino che la fede imprime all’esistenza non ha confini, è universale. Lo ricorda l’Apostolo nell’Epistola: «Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo: [ Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che ] le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (Epistola, Ef 3,4-6). L’autore di questa chiamata è Dio stesso. Non è possibile porre limiti alla chiamata di Dio, non è possibile confinare il respiro universale della Chiesa nelle maglie strette della nostra povera misura. La grave situazione di travaglio antropologico e di crisi socio-economica in cui ci troviamo a vivere chiede a tutti i milanesi, in questa solennità, un impegno più deciso a “superare i confini della nostra misura”. Un impegno che si converta in un atteggiamento abituale – in una “virtù” – del nostro operare e vivere in società. Un respiro universale che ci fa costruttori della civiltà dell’amore. 5. Affidamento a Maria Col nostro padre Ambrogio rivolgiamo ora lo sguardo verso Maria Immacolata, il cui mistero celebreremo solennemente domani. A questo ci invita l’amato Santo Patrono: «Ci sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore, ci sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio» (Sant’Ambrogio, Exp. in Luc. 2,26: PL 15, 1642). Amen
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