sabato 25 gennaio 2014
Beatificazione di Maria Cristina di Savoia. Sposa di Ferdinando II morì  a 23 anni lasciando un’indelebile traccia di carità. Alle 11 il rito con il cardinale Amato​​.
​​Sepe: una vera «partenopea» vicina al popolo, specie ai più poveri​​​
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È ricordata come la 'reginella santa' perché i napoletani amavano chia­marla così: oggi alle 11, nella basili­ca di Santa Chiara a Napoli, Maria Cristi­na di Savoia sarà proclamata beata dal car­dinale Angelo Amato, prefetto della Con­gregazione delle cause dei santi, durante la liturgia eucaristica presieduta dall’arci­vescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli.
In soli tre an­ni di permanenza nel capoluogo parteno­peo e ventiquattro anni di vita, Maria Cri­stina lascia un’impronta indelebile. Arri­va il 30 novembre 1832, sposa di Ferdi­nando II di Borbone: «Sono incantata da Napoli e da tutto ciò che vedo», scriverà in una lettera alla contessa Voliera. «Non pos­so essere più felice, e non avrei mai cre­duto che si potesse esserlo tanto in que­sto mondo…Si vede che tutto quest’affa­re fu condotto da Dio, giacché le opere u­mane non possono mai riuscire così».
Nasce a Cagliari il 14 novembre 1812, ul­tima delle figlie di Vittorio Emanuele I di Savoia e di Maria Teresa d’Asburgo. Nei suoi progetti: la clausura. Invece, preval­gono le ragioni di Stato. Così Maria Cri­stina diventa regina di Napoli e per i na­poletani «madre della Provvidenza». Una carità mirata ed intelligente: si informa dai parroci delle esigenze delle famiglie; fa apporre all’inizio delle scale della reg­gia una sorta di cassetta postale dove tut­ti possono imbucare la propria domanda: solo lei ne ha la chiave ed ogni sera la svuota e provvede ai bisogni di ciascuno. Si preoccupa della dote delle ragazze po­vere, preparandola per 240 prossime spo­se e con una somma di denaro sottratta ai festeggiamenti nuziali finanzia il ri­scatto di tutti gli oggetti depositati in pe­gno al Monte di Pietà.
Cura in modo particolare la 'colonia di San Leucio', fondata per la lavorazione dei damaschi di seta e caduta in degrado; convince il marito che lasciar crollare que­gli stabilimenti è «un male inteso rispar­mio » e, quindi, dà vita ad una complessa iniziativa di carattere industriale per rida­re vita alla colonia. «La nuova beata ci offre un messaggio perennemente attuale e mostra un iti­nerario di virtù da tutti praticabile – sot­tolinea il postulatore della Causa di be­a­tificazione padre Giovangiuseppe Cali­fano – aveva compreso che la perfezione cristiana è fondata sull’amore: conosce­re Dio per amarlo e servirlo, amare i pro­pri fratelli e soccorrerli nelle loro neces­sità ».
Molti sono gli aneddoti che si tra­mandano sulla sua straordinaria pietà. Si racconta che un giorno, attraversando in carrozza le vie di Napoli, vede un sa­cerdote recare l’eucaristia ad un mori­bondo: ferma la carrozza e, scesa, si in­ginocchia nel fango, dando esempio di fede nella presenza eucaristica. Grazie a lei la preghiera torna a prendere un posto di rilievo nel ritmo della giorna­ta dei sovrani. Ogni sera, quando sono al palazzo reale di Napoli, Maria Cristina e Ferdinando insieme partecipano alla be­nedizione del Santissimo Sacramento nel­la Cappella pubblica, spesso recitano il santo Rosario nell’oratorio privato, rice­vono la Comunione e partecipano agli e­sercizi spirituali. Una regina illuminata anche nel suo rap­porto con il re.
Interessante come la gio­vane sovrana convinca il suo sposo a non praticare la pena di morte nel Regno. «Pu­nite se, per il bene dello Stato, è necessa­rio punire, – dice a Ferdinando – ma con il sangue no: con la morte voi potete per­dere un’anima immortale, con la vita può venire il pentimento». Il 16 gennaio 1836 nasce Francesco II, il fi­glio tanto atteso: ma il parto conduce alla morte Maria Cristina. E il 31 gennaio: il popolo sfila per tre giorni per salutare la 'reginella santa', come ormai tutti la chia­mano. La salma viene tumulata nella Ba­silica di Santa Chiara, dove si trova tutto­ra. Il miracolo che la conduce agli onori degli altari è la guarigione di Maria Valla­rino, colpita da tumore alla mammella, nel giugno del 1866.
La Vallarino, ottenuto un piccolo frammento di tessuto appartenu­to alla venerabile, ne ingerisce una parte con fede; avverte che il male va regreden­do. Il medico curante può constatare la perfetta guarigione: Maria Vallarino vive altri 39 anni, senza alcuna recidiva.
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