mercoledì 28 gennaio 2009
Il successore di Alessio II è nato a Leningrado nel 1946. Sostenitore del dialogo, dal 1989 presiede il Dipartimento relazioni esterne del Patriarcato.
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Lo conoscono bene anche i non credenti. In Russia il neo-patriarca è un volto molto noto grazie alla rubrica re­ligiosa La parola di un pastore che da oltre dieci anni Kirill tiene ogni settimana in tv. Ed è conosciuto in Occidente come «il ministro de­gli esteri» della Chiesa ortodossa russa, abile diplomatico dal sor­riso accattivante e dall’inglese fluente. Kirill – al secolo Vladimir Mikhailovic Gundyaev – provie­ne da una famiglia di ecclesiasti­ci. Suo padre e suo nonno erano sacerdoti (nella Chiesa orientale i pope, a differenza dei monaci, sono di norma sposati). Nato nel 1946 a Leningra­do, oggi San Pietroburgo, frequenta l’Accademia teologica dove si laurea a pieni voti. A 23 anni viene fatto monaco e quindi or­dinato sacerdote dal me­tropolita Nikodim che lo vuole accanto a sé come segretario personale. Kirill si è sempre considerato il figlio spiri­tuale dell’arcivescovo di Lenin­grado, un personaggio che ha se­gnato la storia della Chiesa russa sotto il cupo regime brezneviano. Dotato di grande astuzia politica sul fronte interno, Nikodim di­venne uno dei protagonisti del dialogo esterno con le Chiese d’Occidente fino al punto d’esse­re considerato filo-cattolico. All’ombra di Nikodim il giovane Kirill sale velocemente i gradini della carriera ecclesiastica: a soli 28 anni viene nominato rettore dell’Accademia teologica e del Se­minario di Leningrado, a 30 è or­dinato vescovo. Partecipa all’atti­vità ecumenica del Patriarcato di Mosca che nel 1971 lo invia come suo rappresentante presso il Con­siglio ecumenico delle Chiese a Ginevra. Da quel momento si but­ta a capofitto nelle relazioni in­ternazionali, uomo di punta nel dialogo inter-religioso. Al tempo stesso svolge il lavoro pastorale nelle comunità russo­ortodosse della Finlandia. Nel 1979 diventa membro della com­missione del Santo Sinodo per l’unità dei cristiani. Nominato ar­civescovo di Smolensk nel 1984, cinque anni più tardi viene ri­chiamato a Mosca per ricoprire l’importante incarico di presi­dente del Dipartimento per le re­lazioni esterne del Patriarcato. È il 14 novembre del 1989, pochi giorni dopo la caduta del muro di Berlino. Il nuovo «ministro de­gli esteri» della Chiesa russa co­glie il vento nuovo che soffia ad E­st. A dicembre il segretario del P­cus, Mikhail Gorbaciov, incontra Giovanni Paolo II in Vaticano e ridà la libertà alla cosiddetta Chiesa uniate soppressa da Sta­lin. Kirill approva la svolta, mal digerita invece dalla gran parte della Chiesa ortodossa russa. Ma poi darà voce alle critiche di pro­selitismo che vengono mosse ai cattolici nell’ex Unione Sovietica, facendosi interprete dei malu­mori del Patriarcato nei riguardi del Vaticano, con il quale però mantiene aperti i contatti. Anche nei primi anni Duemila, il perio­do del grande gelo tra Mosca e Roma. Per la Santa Sede Kirill, braccio destro del patriarca Ales­sio II, è sempre stato un interlo­cutore molto apprezzato. Un ruo­lo che si è accresciuto con il pon­tificato di Benedetto XVI. «Noi, ortodossi russi, ci sentiamo molto vicini al suo modo di pen­sare » dichiarò Kirill in un’intervi­sta al nostro giornale qualche tempo fa, ricordando d’aver co­nosciuto personalmente Joseph Ratzinger nel lontano 1974, quand’era professore universita­rio in Germania. La denuncia ser­rata del relativismo e del secola­rismo è un leit-motiv che acco­muna il pontefice ed il neo-pa­triarca. Potremmo dire che da og­gi c’è un ratzingeriano a capo del­la Chiesa ortodossa russa. Si co­noscono e si stimano – Kirill è sta­to ricevuto in udienza da Bene­detto XVI nel 2006 e nel 2007. Lo storico incontro tra il vescovo di Roma e il patriarca di Mosca è dunque più vicino. Ma l’argo­mento resta ancora tabù per gran parte della Chiesa russa ed è per questo che, alla vigilia della sua e­lezione, Kirill ha gettato acqua sul fuoco. Ha dichiarato al giornale Trud che un simile vertice ci sarà dopo che saranno risolti vari pro­blemi ancora irrisolti, ripetendo così il ritornello tanto caro al suo predecessore. E non manche­ranno sorprese anche nei rap­porti con il Cremlino dove Kirill è considerato una personalità un po’ troppo indipendente. Ma cer­to non fino al punto di mettere in discussione l’alleanza ormai con­solidata tra Chiesa e Stato. (L.Gez.)
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