martedì 12 ottobre 2010
Benedetto XVI ha nominato il nuovo arcivescovo di Torino. Si tratta di monsignor Cesare Nosiglia, 66 anni, dal 2003 alla guida della diocesi di Vicenza. L’arcivescovo eletto subentra al cardinale Severino Poletto, che lascia la Chiesa subalpina dopo undici anni per raggiunti limiti di età.
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Quando, in primavera, ha deciso di esporre in Duomo, nella cappella del Crocifisso, la copia della Sindone che si trovava nella chiesa di Santa Corona, Cesare Nosiglia non sapeva che sarebbe diventato il custode pontificio del Sacro Telo. «È un’icona eccezionale della Passione di Cristo – ha commentato ieri annunciando la sua nomina ad arcivescovo di Torino – un grande dono spirituale, particolarmente per un biblista». Nella sala del tronetto, in vescovado, il presule ha raccolto intorno a sé il capitolo della Cattedrale e i responsabili degli uffici diocesani per leggere, alla presenza del vescovo emerito Pietro Nonis, la lettera della nomina annunciata in contemporanea con la Sala stampa vaticana. Un incontro, a detta di monsignor Lodovico Furian, vicario generale di Vicenza, segnato dalla tristezza per un cammino che si interrompe dopo sette anni e dall’orgoglio di offrire un pastore alla diocesi della Sindone, di san Giuseppe Cottolengo e san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cafasso e san Leonardo Murialdo, dei beati Francesco Faà di Bruno, Giuseppe Allamano e Piergiorgio Frassati, i punti di riferimento della spiritualità torinese che Nosiglia ricorda nel primo messaggio di saluto alla Chiesa torinese. Nel testo, l’arcivescovo eletto spiega di aver conosciuto il Torinese nel ’64, quando svolse l’anno propedeutico alla teologia nel Seminario di Rivoli, e soprattutto quattro anni dopo, in occasione del primo incarico da sacerdote, nella parrocchia di Santena. «Esperienze forti che hanno segnato la mia giovane vita di seminarista e di prete» scrive, proponendosi di inserirsi nella sua nuova famiglia presbiterale «con umiltà e apertura all’ascolto, all’incontro e alla reciproca accoglienza». Le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono la prima preoccupazione che traspare dal messaggio: rivelano, sottolinea, «la temperatura spirituale di una comunità e ne testimoniano l’amore a Cristo e il servizio agli uomini». Sessantasei anni da pochi giorni, originario di Rossiglione (diocesi di Acqui), Nosiglia è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1968. Dal 1986 al 1991 direttore dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei, è stato nominato vescovo ausiliare di Roma il 6 luglio 1991 ricevendo l’ordinazione episcopale il 14 settembre. Vicegerente di Roma dal 19 luglio 1996, già presidente del Consiglio nazionale della scuola cattolica, il 6 ottobre 2003 è stato trasferito a Vicenza. Dal maggio scorso è vicepresidente della Cei per l’Italia settentrionale. Nella sua lunga esperienza pastorale, ha ricordato anche ieri, ha dedicato sempre un’attenzione particolare ai poveri e ai giovani. «Per fronteggiare le emergenze sociali la Chiesa deve agire, non parlare, dare segnali di coerenza – ha detto – e scommettere sui giovani, mentre troppo spesso questa società adultizza le sfide, reagisce in modo immediato e senza una strategia del futuro, che si può costruire solo con i giovani». Il rincrescimento più grande del pastore vicentino riguarda l’interruzione della visita pastorale. Ha appena concluso quella ai giovani consegnando la lettera Venite e vedrete e considera sostanzialmente compiuto il cammino con i sacerdoti, riassunto dal documento In ascolto di Gesù nel Cenacolo, ma mancano ancora una novantina di parrocchie da visitare. A loro e a tutta la Chiesa vicentina, che saluterà a novembre, vuole lanciare un messaggio chiaro: «Il futuro è nelle unità pastorali che non sono solo una necessità ma un modo nuovo di essere Chiesa, un modo più integrato e missionario sul territorio». Paolo VianaCon il «Magnificat» intonato dai preti e dalle suore, dai laici (e anche dai giornalisti), nella bomboniera ottagonale del santuario della Consolata, a mezzogiorno di ieri, in contemporanea con la Sala stampa vaticana, l’arcivescovo Severino Poletto (ora amministratore apostolico della diocesi) ha annunciato il nome del suo successore, Cesare Nosiglia. Il clima di preghiera e di devozione alla Vergine Consolata, così amata e invocata dai torinesi, ha caratterizzato il breve incontro, andato ben al di là dell’annuncio formale del successore e diventato un «abbraccio» al vescovo che per undici anni ha servito e guidato la Chiesa torinese.Poletto ha dato lettura della lettera del nunzio apostolico in Italia, Giuseppe Bertello con cui si comunica la decisione di Benedetto XVI. Poi ha ricordato che «gli arcivescovi passano, il Signore rimane»: il senso del servizio di un vescovo alla Chiesa locale continua ad essere quello, sempre lo stesso, che il Signore ha affidato ai suoi apostoli, così come è testimoniato dal Vangelo di Marco proclamato in apertura dell’incontro. «Sono certo – ha scritto il cardinale nel suo messaggio alla diocesi riferendosi a Nosiglia – che sotto la sua guida sapiente saprete continuare quel serio e impegnato cammino di fede che da sempre è la caratteristica peculiare di ogni categoria di persone che si sentono a pieno titolo appartenenti a questa nostra bella arcidiocesi. Fin da subito vi invito a pregare per il nuovo arcivescovo Cesare e a mettervi tutti in quel giusto atteggiamento di fede, che è condizione essenziale per accoglierlo con gioia e con totale disponibilità a collaborare con lui. Quanto a me vi assicuro che mi sento molto sereno e gioioso nel consegnare il pastorale a un vescovo amico e che stimo, perché so che verrà per continuare quel lavoro che con tanta convinzione e senza risparmio di tempo e di energie ho cercato di fare in questi undici anni vissuti con voi per "costruire insieme" il Regno di Dio in questa a me cara città di Torino, che amo definire complessa ma stupenda, e in tutta la nostra arcidiocesi così ricca di carismi di carità e santità».Nella lettera di nomina il Papa ha espresso il ringraziamento al cardinale per il «lungo e fecondo ministero episcopale svolto per trent’anni nelle Chiese di Fossano, Asti e Torino e nella Conferenza episcopale piemontese». Undici anni, quelli a Torino, segnati da momenti non facili per la città e il suo territorio. Nella crisi della Fiat, avvenuta nel 2002, Poletto si impegnò in prima persona a percorrere l’unico spazio disponibile: quello di non «abbandonare» né l’azienda né i lavoratori, ma anzi di radunare intorno a un tavolo comune tutte le parti. La «vicinanza» del vescovo è stata percepita anche nei frangenti più drammatici e tristi della vita torinese: il cardinale era in ospedale fra i primi a fianco dei lavoratori Thyssen bruciati dalla colata. E ha celebrato i funerali di tutte le vittime. Ma c’era anche vicino a Giovanni e Umberto Agnelli, nei giorni finali delle malattie.Ieri alla Consolata erano presenti il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta e Riccardo Caldara, responsabile della comunicazione della città. In una delle prossime sedute del Consiglio comunale il cardinale sarà invitato a pronunciare un discorso nella Sala Rossa di Palazzo civico: più che un congedo, la continuazione di un magistero che l’arcivescovo ha svolto in questi anni negli incontri spirituali dedicati agli amministratori pubblici e nelle omelie alla città nel giorno della festa patronale di san Giovanni Battista. Marco Bonatti
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