mercoledì 22 maggio 2013
Nella baraccopoli di Varginha, che aspetta la visita il 25 luglio, si respira aria di festa. Scomparse le carcasse delle auto e le buche nell’asfalto, un’unità speciale della polizia ha «sfrattato» anche i narcos in vista della Jmj e delle Olimpiadi del 2016.
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«Mi affaccerò alla finestra e gli offrirò tapioca con cocco e latte condensato. Secondo me gli piacerà. Si vede dalla faccia». È irremovibile Helena Spares Ribeiro, 40 anni, fervente devota di Nostra Signora di Aparecida e residente privilegiata della favela di Varginha, baraccopoli di 3mila abitanti nel nord di Rio de Janeiro. La sua casa si affaccia proprio sulla chiesetta di São Jeronimo Emiliani che il 25 luglio riceverà la visita di papa Francesco, nell’ambito della Giornata mondiale della gioventù. Appena qualche giorno prima, il modesto tempio – costruito da un gruppo di padri somaschi – avrà compiuto 42 anni. Helena è determinata ad «approfittare» della sua posizione per vedere il Santo Padre da vicino. «Ma non voglio essere egoista: ospiterò anche i vicini e i parenti che non vivono in città». A poco meno di due mesi dalla storica giornata con Francesco, nella favela si respira un’aria di festosa frenesia. Di giorno, le squadre della Prefettura percorrono in lungo e in largo i viottoli di Varginha e delle baraccopoli adiacenti. Insieme formano il Complexo Menguinho, un mega agglomerato di almeno 50mila abitanti. Con l’arrivo dei funzionari sono scomparse le carcasse di aiuto e le buche nell’asfalto – eredità delle frequenti alluvioni – hanno i giorni contati. Gli addetti circolano indisturbati perfino su via Leopoldo Bulhões, una fascia di terra che separa la mega favela dalla gemella Jacarizinho. E che fino a sei mesi fa, i carioca chiamavano con un soprannome inquietante: «la Striscia di Gaza». L’analogia può sembrare eccessiva. «Non direi. Sparavano tutti i giorni. Bastava una piccola infrazione e loro ti facevano fuori», racconta Israel. «Loro» sono i narcos del Comando Vermelho, arrivati in massa dopo l’espulsione dal Complexo do Alemão, nel 2010, in seguito alla politica di pacificazione delle favelas di Rio in vista delle Olimpiadi del 2016. Dal 2008, sono 32 le baraccopoli sottratte al controllo del crimine. Spesso, però, i trafficanti «sfrattati» si infiltrano in un’altra zona. Era accaduto così per Manguinhos, trasformato nella roccaforte del Comando. Fin quando, il 14 ottobre scorso, centinaia di militari del Battaglione delle operazioni speciali hanno fatto irruzione e, dopo una sfilza di arresti, hanno istituito nella comunità un’unità di polizia di pace (Upp), con il compito di ristabilire la pacifica convivenza.«Nessuno, però, poteva immaginare che nove mesi dopo sarebbe venuto il Papa», racconta Jairzinho, pluricampione del calcio anni ’70 che ora allena volontariamente 70 adolescenti del quartiere. Il campo si trova proprio dietro la chiesetta di São Jeronimo. Il Pontefice percorrerà la distanza di 150 metri a piedi e nel tragitto visiterà una famiglia. Quest’ultima non è stata ancora indicata ha spiegato monsignor Orani Tempesta, arcivescovo di Rio. Il cardinale è stato a Varginha domenica, per celebrare la Messa. Il calore della gente, che ha affollato São Jeronimo, ha trasformato la celebrazione in un’anticipazione della grande festa del 25 luglio. «Riceveremo il Papa con tutti gli onori. Come quando è venuta Madre Teresa». Era il 1972 e Regina abitava già a Varginha. «La mia famiglia è arrivata qui negli anni Quaranta, la nostra è stata una delle prime casupole. All’inizio era una palafitta: Manguinho era una palude. Poi, i residenti l’hanno bonificata». Quando la religiosa l’ha visitata, ancora una parte delle baracche era sospesa sullo stagno. I cambiamenti più vistosi, però, non riguardano il paesaggio. Spariti i narcos, la tensione si è allentata. La gente riprende a uscire, a creare, a sperare. Con la «liberazione» sono nati i primi laboratori musicali e i ristorantini aperti ai turisti. «La visita di papa Francesco segnerà un prima e un dopo – afferma il parroco di São Jeronimo, Marcio Quiroz –. L’evento sta risvegliando le coscienze. La gente ora crede davvero che questa non è più la Striscia di Gaza. Non solo. Ora spera anche che possa diventare la "Striscia della pace"».
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