giovedì 8 dicembre 2016
Si chiama «Donne in Vaticano» - la cui sigla è 'D.Va' la prima associazione tutta al femminile sorta dentro le Mura Leonine. Sono dipendenti donne, laiche e religiose che hanno deciso di fare rete.
Le fondatrici di D.Va (Radio Vaticana)

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Si chiama «Donne in Vaticano» - la cui sigla è 'D.Va' la prima associazione tutta al femminile sorta dentro le Mura Leonine.

Si tratta di dipendenti donne - laiche e religiose - che lavorano o hanno lavorato per la Santa Sede a diverso titolo e con varie mansioni. «È nata in modo spontaneo da un gruppo di donne che si sono conosciute, si sono ritrovate e hanno sentito il bisogno di creare una rete – racconta a Radio Vaticana la giornalista Romilda Ferrauto, tra le fondatrici e vice presidente di D.Va, a lungo responsabile della redazione francese della stessa emittente radiofonica –, una rete di amicizia e di solidarietà.

Probabilmente hanno sentito questo bisogno perché si sentivano minoritarie, c’era dietro un bisogno di stare insieme. In nessun momento da parte nostra c’è stato un progetto di tipo ideologico e tuttora non si tratta di un progetto ideologico però, man mano che ci riunivamo, ci siamo rese conto che era necessario dare una struttura e un riconoscimento ufficiale a questa associazione». E questo è avvenuto lo scorso primo settembre con la firma dello Statuto costitutivo presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

Secondo calcoli fatti dalle fondatrici di D.Va. attualmente vi sono circa 750 donne dipendenti del Papa, che rappresentano un po’ meno del 20 per cento della forza lavoro vaticana. «È una presenza che, anche se rimane minoritaria – sottolinea la vicepresidente – , diventa sempre più significativa. Questo però è un fenomeno nuovo perché fino al Concilio Vaticano II le donne erano veramente poco numerose, ma man mano negli anni il loro numero è aumentato».

E lontane sono anche la radici di questo cammino, che si concretizza ora sotto papa Francesco, ma l’idea è nata ai tempi del pontificato di Benedetto XVI. Del resto, aggiunge Romilda Ferrauto «sentiamo di dover rispondere anche a una chiamata di papa Francesco e dei suoi predecessori perché la donna assuma più responsabilità nella Chiesa».

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