lunedì 6 febbraio 2017
I fatti sarebbero avvenuti oltre 20 anni fa. La Chiesa partenopea: nel 2014 il denunciante rifiutò una perizia psichiatrica chiesta dall'arcidiocesi.
La Curia arcivescovile di Napoli

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Avrebbe subito abusi sessuali, a Napoli, dall’età di 13 anni fino ai 17, da parte di un sacerdote, suo insegnante di religione. Il cardinale Crescenzio Sepe, avvertito dopo molti anni dall’accaduto, secondo la presunta vittima non avrebbe promosso nessun approfondimento della vicenda: è questa in sintesi la lettera-denuncia di Diego Esposito (nome di fantasia) pubblicata su un quotidiano nazionale e diretta a papa Francesco, al prefetto della Congregazione per i vescovi il cardinale Marc Ouellet.

I fatti sarebbero avvenuti oltre venti anni fa ma ritornano periodicamente agli onori delle cronache per nuovi particolari. Gli organismi competenti della Chiesa partenopea, da parte loro, questa mattina hanno diramato una lunga nota nella quale il cancelliere padre Luigi Ortaglio ricostruisce la vicenda e conclude evidenziando che «trasmessi gli atti dell’attività istruttoria alla Congregazione della dottrina della fede, questa nel 2016 riteneva non essere emersi gli elementi sufficienti per avviare un processo penale».

Nella nota si chiarisce, inoltre, che già a partire dal 2010 (da quando cioè sono giunte in Curia lettere di Diego che denunciava presunti abusi) «l’arcivescovo incaricò immediatamente il vicario generale di condurre un’indagine». Inoltre, si annota dettagliatamente che nel 2014, Diego chiedeva, prima personalmente e poi tramite il suo legale, di essere ancora ascoltato dalle autorità ecclesiastiche e di ottenere un risarcimento per i presunti abusi da lui denunciati. «Nel frattempo – spiega il cancelliere – la vittima, sostenuta dalla Rete "L’Abuso" si è rivolta al Santo Padre».

Dalla Congregazione della dottrina della fede, arrivava una lettera il 2 ottobre 2014, in cui si affidava all’arcidiocesi il compito di effettuare una istruttoria e pertanto fu chiesto al denunciante di sottoporsi a una perizia psichiatrica, affidata ad un neuropsichiatra qualificato per la cosiddetta "ricostruzione della memoria testimoniale". «Purtroppo – conclude la nota – non è stato possibile espletare tale perizia per il rifiuto del periziando».

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