giovedì 28 aprile 2016
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ROMA AScutari e in tutta l’Albania la notizia era attesa da un momento all’altro. E così, ieri, all’annuncio ufficiale, la gioia è stata grande. Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a promulgare il decreto riguardante il martirio dei Servi di Dio, Vincenzo Prennushi, dell’Ordine dei Frati Minori, arcivescovo di Durazzo, e 37 compagni, uccisi tra il 1945 e il 1974. Gli stessi le cui foto campeggiavano lungo il viale principale di Tirana, durante la visita del Pontefice – che ne era rimasto molto colpito – nella capitale del Paese delle Aquile, il 21 settembre 2014. Esulta anche l’arcivescovo di Scutari-Pult e presidente del- la Conferenza episcopale albanese, Angelo Massafra: «Questo è un grande giorno per la nostra Chiesa. Il compimento di un cammino che ci ha impegnato per molti anni e che sicuramente darà grandi frutti in una terra bagnata, e perciò resa feconda per la fede, dal sangue di tanti martiri. Siamo naturalmente grati al Santo Padre, che ha significativamente autorizzato la firma del decreto il 26 aprile, solennità della Madonna del Buon Consiglio, patrona di Scutari e dell’Albania. Ringraziamo anche la Congregazione, per il suo aiuto. E ci predisponiamo fin d’ora alla cerimonia di beatificazione per la quale sarà fissata al più presto una data». Il riconoscimento del martirio è, infatti, in pratica l’ultimo atto prima della beatificazione vera e propria. Monsignor Prennushi e i suoi 37 compagni saranno proclamati beati a Scutari, con molta probabilità tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, comunque dopo la canonizzazione di Madre Teresa, un altro momento molto importante per la Chiesa in Albania (e non solo). «Per noi – afferma monsignor Massafra – è una vera grazia di Dio. E stiamo lavorando intensamente perché la memoria dei martiri sia sempre più viva nel popolo albanese. È in preparazione un museo diocesano e siamo in contatto con il governo per trasformare in museo anche il terribile campo di prigionia di Spaç. C’è tanto da fare – aggiunge Massafra –. Si pensi che solo di una decina dei 38 prossimi beati esistono i resti mortali. Degli altri non si sa dove furono sepolti. Probabilmente un’estrema forma di spregio verso i cosiddetti nemici del popolo». Tutto questo è stato documentato durante il processo di beatificazione, attraverso accurate ricerche negli archivi di Stato tra il 2002 e il 2010, quando si è conclusa la fase diocesana. In quella fase furono presentate circa 8000 pagine in albanese, poi tradotte anche in italiano. La stessa Positio consta di due volumi da 2.500 pagine, complessivamente. Un lavoro imponente dal quale risulta l’estrema fedeltà a Cristo e alla Chiesa di fronte alle violenze e alle angherie del regime di Enver Hoxha. Monsignor Vincenzo Prennushi, ad esempio, preferì il carcere e la tortura piuttosto che creare una chiesa nazionalista staccata da Roma e dal Papa, così come ordinato dallo stesso Hoxha. Fine intellettuale (oltre che bravo vescovo) era chiamato anche il “Thomas Becket d’Albania” per la sua opera di drammaturgo. Insieme con lui saliranno all’onore degli altri un altro presule, Fran Gjini, due missionari tedeschi, nove francescani, tre gesuiti (tra i quali l’italiano Giovanni Fausti), quattro laici (tre uomini e una donna, Maria Tuci, morta in seguito alle percosse che le avevano letteralmente cambiato i connotati) e 18 sacerdoti diocesani. Molte e diabolicamente “fantasiose” le torture loro inflitte: persino quella di mettere sotto le ascelle delle uova bollenti, che provocavano dolorosissime ustioni. Toccante e anche molto attuale la testimonianza di padre Fausti, fucilato nel 1946. Durante il processo-farsa, una donna con rabbia gli gridò: «Sparategli una pallottola in fronte». E poi gli sputò in faccia. Lui rispose alzando gli occhi al cielo e dicendo: «Padre perdonala, perché non sa che cosa sta facendo». Emozionato e felice per l’annuncio di ieri, don Ernest Simoni, il sacerdote 88enne che fece commuovere il Papa a Tirana e che una settimana fa lo ha nuovamente incontrato durante l’udienza generale, ricevendo da Francesco lo straordinario omaggio di un baciamano. «Ho conosciuto personalmente i tre quarti di questi 38 martiri – afferma don Ernest –. Alcuni sono stati miei professori in Seminario. Altri compagni di sofferenza. Il Signore non mi ha ritenuto degno del martirio. Mi ha lasciato in vita perché potessi testimoniare quanto è avvenuto in quegli anni». Impegno che don Simoni continua a mantenere anche adesso. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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