giovedì 7 marzo 2013
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Diritto alla libertà di religione e alla vita, valori non negoziabili, educazione alla costruzione della pace e carità che si traduce nella difesa dei più deboli. Sono le direttrici su cui si è mossa l’azione diplomatica della Santa Sede nel corso del pontificato di Benedetto XVI. Una missione, quella in campo internazionale, che ha le sue radici nel Compendio della dottrina sociale, come ha ricordato l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, tratteggiandone le linee guida, nella prolusione che ha aperto ieri il convegno internazionale sul tema «Fede e diplomazia. Le relazioni internazionali della Santa Sede nell’età contemporanea», all’Università Cattolica di Milano. La giornata di studio - che ha ottenuto il patrocinio del Pontificio Comitato di scienze storiche e dell’Archivio segreto vaticano e tra i moderatori della tavola rotonda ha visto alternarsi il "padrone di casa" Massimo De Leonardis, ordinario di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali, assieme al prefetto dell’Archivio segreto vaticano, monsignor Sergio Pagano - si è proposta di affrontare da una prospettiva storica i principali scenari in cui la diplomazia pontificia si è trovata ad operare tra il XIX e il XX secolo. Senza, però, trascurare l’oggi e il divenire delle relazioni internazionali che pongono la Chiesa universale sempre di fronte a nuove sfide. Come la promozione della libertà religiosa «primo fra i diritti umani perché esprime la realtà fondamentale della persona». «Le lodi arrivate da più parti per gli appelli di pace in Siria lanciati da Benedetto XVI» – ha proseguito il presule –, tuttavia, non sono sinonimo di un pieno riconoscimento del diritto alla libertà della Chiesa a predicare la propria fede, insegnare la propria dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la propria missione «dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime» come si afferma nella Gaudium et Spes. Altro tema che sta a cuore all’azione diplomatica della Santa Sede sia nei rapporti bilaterali con gli Stati (oggi 180, compreso il Sud Sudan con cui è stato ratificato l’accordo il 23 febbraio scorso, ndr) sia in quelli con le organizzazioni internazionali (Onu, Unesco, Fao) è «il diritto alla vita»: «una difesa della vita della persona umana dal concepimento fino alla morte naturale; la protezione dei diritti del fanciullo – ha ripreso Mamberti, citando alcune parole di Benedetto XVI al centro nell’Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis del 2007 – specialmente il diritto ad avere una famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, alla quale spetta la responsabilità primaria dell’educazione dei figli». Di fronte al dilagare di politiche contrarie a tali valori non negoziabili «è importante sviluppare un confronto con le autorità dei singoli Paesi, come pure cruciale poter far sentire la voce della Chiesa» nel mondo «non solo mediante la presenza del personale diplomatico, ma anche mediante la proficua collaborazione delle organizzazione internazionali cattoliche che operano in piena consonanza con il magistero». Sull’azione caritativa «ovunque espressione dell’opera della Chiesa», si è soffermato ancora l’arcivescovo ricordando come l’azione diplomatica vaticana porti con sé l’impegno a tutela delle categorie più deboli e vulnerabili, tra cui gli immigrati, i profughi, i bambini e le donne. Affidandosi, infine e ancora una volta, alle parole di Benedetto XVI, pronunciate in occasione del discorso rivolto al corpo diplomatico lo scorso 7 gennaio, Mamberti ha delineato un’altra delle linee guida in campo internazionale del pontificato di Ratzinger: l’educazione, intesa come la capacità di «costruire la pace» ed «educare gli individui a combattere la corruzione, la criminalità, la produzione ed il traffico della droga, nonché a evitare divisioni e tensioni, che rischiano di sfibrare la società, ostacolandone lo sviluppo e la pacifica convivenza».
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