lunedì 9 giugno 2014
​La fatica della marcia, l'entusiasmo dell'arrivo: ecco il racconto dell'inviata Lucia Bellaspiga, con foto e video.
La fotostoria di Giorgio Paolucci | La telefonata del Papa
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Perché camminare tutta la notte, stringere i denti per quasi trenta chilometri dominando sonno, stanchezza e quest’anno anche un caldo che taglia le gambe? Cosa muove i pellegrini della Macerata-Loreto, in trentasei stagioni cresciuti da poche decine di studenti a centomila persone da tutta Italia? Non te lo chiedi alla partenza dallo stadio di Macerata, la sera del sabato, quando le forze sono ancora integre e l’entusiasmo alle stelle, te lo domandi all’alba della domenica, quando le stesse facce, gli stessi gruppi, con gli stessi cartelli inalberati arrivano finalmente alla Santa Casa di Loreto. Gli stessi, solo più stanchi ma anche più determinati. Qui gli ultimi sono davvero i primi, così come ogni anno sul sagrato arrivano per primi i disabili e chi per tutta la notte ha spinto le loro carrozzine. Il volto simbolo della Macerata-Loreto 2014 potrebbe essere allora il bambino sui 6 o 7 anni che per primo si è trovato davanti alla Madonna nera, verso le 5 e mezza: ha una malattia rara e il suo corpo è chiuso in un bozzolo di garza rosa, fuori solo gli occhi e il naso per respirare. La sua mamma ha gli occhi gonfi e non solo di sonno. Eppure sono qui, ce l’hanno fatta: «Non si chiede il miracolo, ma già l’aver pregato così tanto e tutti insieme ci dà il coraggio per andare avanti un altro anno. La Madonna è nostra madre e non ci abbandona, di questo siamo sicuri».

Sono quasi le 6 quando l’immensa marea umana sbuca finalmente dal corso, ancora cantando come la sera prima, e inizia a dilagare nella piazza. Dal sagrato la voce del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, dà il benvenuto: «Buongiorno a tutti voi» dice rivolto a chi è già lì ma anche per rincuorare chi è ancora molto lontano, «ho gli occhi e il cuore pieni di commozione per quello che sto vedendo», e lo sguardo sconfina davvero stupito su quella folla che non finisce mai.

Il vescovo di Fabriano-Matelica, Giancarlo Vecerrica, da 36 anni in testa al cammino, con il microfono in mano incita dal sagrato gli ultimi ad accelerare il passo: «Quest’anno non arrivano mai perché siamo di più dell’anno scorso, abbiamo sforato i centomila», spiega. Intanto centinaia di volontari passano di mano in mano tra la gente centinaia di secchi che si riempiono di fogli. Sono preghiere, intenzioni, suppliche per chi è qui e per chi è rimasto a casa: rovesciati sul fuoco dei bracieri, salgono diretti al cielo. Alle 7 si sciolgono le campane e dal fondo del corso si intravvede lei, la Madonna nera, che dondola lenta e materna sulle spalle degli avieri in uniforme. È lei a chiudere il corteo, lei l’ultima, ha aspettato anche il passo più lento.

 

 

 

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