domenica 6 dicembre 2015
L'ordinazione episcopale e l'insediamento del nuovo arcivescovo di Palermo: coltiviamo la memoria per essere dalla parte dei poveri. La preghiera sulla tomba dell'amico don Pino Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993.
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«Care cittadine, cari cittadini di Palermo, ricordatevi, ricordiamoci di essere un popolo che nel suo Dna ha la grandezza e il potere della relazione, la ricerca della pace e non della guerra, l’esaltazione della bellezza e non la distruzione del conflitto intestino». Piange e si commuove il nuovo arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, anzi “don Corrado” come chiede a tutti di chiamarlo, fin dal primo momento di ufficialità nella giornata più bella e più difficile.

«Ancora mi chiedo che ci faccio io qui», sorride con gli occhi lucidi sul palco allestito in piazza Pretoria a Palermo davanti alla scalinata della chiesa di Santa Caterina, nel cuore pubblico della città. Hanno appena finito di salutarlo con parole di benvenuto e di accoglienza due giovani, Giuseppe e Sara, che citano Pavese e augurano “buon inizio a noi”, ma anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, a nome di tutti gli amministratori dei Comuni dell’arcidiocesi. 

Lorefice punta dritto al cuore dei palermitani, si commuove tre volte parlando dei bambini, «che sono l’immagine del nostro futuro, e in questo nostri maestri», quando si autodefinisce «palermitano» e quando cerca di spiegare cosa porta nel cuore in questo momento. A fare da contrappunto gli applausi della gente accorsa in piazza, che apprezza sin da subito l’alto livello politico e pastorale del discorso di Lorefice, in cui un posto d’onore assume la citazione estesa dell’articolo 3 della Costituzione, che deve essere la “bussola” «che, come cittadini, ognuno nella propria responsabilità e nel proprio ruolo, siamo chiamati a rendere reale nella nostra pratica quotidiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale...”»

Il pensiero è alla difficile situazione sociale ed economica di questa terra. La piazza è col suo nuovo arcivescovo, i gruppi ecclesiali, gli scout, semplici cittadini vogliono salutarlo. Poi a piedi in Cattedrale, per ricevere l’ordinazione episcopale e prendere possesso della diocesi. Sono le 18.40 in punto quando Lorefice si siede sulla cattedra di san Mamiliano, accompagnato da un lunghissimo e caldo applauso. Il vescovo consacrante, il cardinale Paolo Romeo, suo predecessore, i conconsacranti Antonio Staglianò, vescovo di Noto, e Paolo De Nicolò, vescovo titolare di Mariana in Corsica, e tutti gli altri pastori siciliani, tra cui il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, e il cardinale Salvatore De Giorgi emerito di Palermo, impongono le mani sul capo del nuovo arcivescovo. Il suo discorso all’assemblea è vibrante. Ricorda le vittime di violenze, mafia e soprusi, da Piersanti Mattarella a Falcone e Borsellino. «Coltivare la memoria, custodirla fedelmente, non vuol dire dare riconoscimenti puramente formali, né tantomeno ideologici.  Per un vescovo, per il vescovo che io vorrei essere tra di voi, custodire la memoria equivale a rimanere in stretto contatto con le vite, i corpi, le esperienze di amore e di dolore che sono il vero humus di questa terra. Vuol dire essere dalla parte dei poveri. E questo comporta per me fare argine concretamente, con forza, insieme con voi e con tutto me stesso, ai “poteri di questo mondo” che vogliono annientare la dignità e la bellezza del nostro essere uomini. Perché questo è la mafia e questo sono tutte le mafie, in ogni forma e in ogni parte del mondo: l’opera di gente che ha perso di vista il volto dell’altro, che è pronta a calpestarlo perché vive nella costante strumentalizzazione di ogni essere». Al termine della celebrazione un altro momento di emozione: la preghiera sulla tomba del beato padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993 e amico personale di Lorefice. Le sue spoglie riposano proprio in quella Cattedrale.

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