giovedì 25 novembre 2010
Il 70% della popolazione mondiale vive in Paesi con restrizioni alla religione professata. I dati sono emersi alla presentazione del rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre. Il diplomatico Greco denuncia: «C’è chi tace per realpolitik o per seguire il politicamente corretto».
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Sono oltre cinquanta milioni i cristiani vittime di persecuzioni, disprezzo, discriminazioni. La triste contabilità è stata fornita dall’intellettuale francese René Guitton, autore di un documentato volume sulla «Cristianofobia» odierna, a margine della presentazione del Rapporto 2010 sulla libertà religiosa nel mondo dell’opera “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs). L’incontro è stato moderato da padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore di Popoli e missione, che ha sottolineato come il 70 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi dove ci sono restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata. Con India e Cina che, per le loro proporzioni, sono i Paesi in cui si registrano più casi. Alla presentazione del Rapporto monsignor Sante Babolin, presidente dell’Acs-Italia, ha ricordato la «forte sintonia» tra due testi fondamentali per la libertà religiosa, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la dichiarazione conciliare «Dignitatis Humanae». E ha evidenziato come la Giornata mondiale per la pace del 2011 è stata dedicata da Benedetto XVI proprio alla «libertà religiosa, via della pace». Peter Sefton-Williams, presidente del Comitato di redazione del Rapporto, ha da parte sua illustrato le modalità del lungo lavoro che ha portato alla realizzazione del volume. Molto articolato il discorso del diplomatico Francesco Maria Greco, il direttore generale per la Cooperazione culturale del ministero degli Esteri che una settimana prima di Natale consegnerà le lettere credenziali a Benedetto XVI come nuovo ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede. Greco, tra l’altro, ha dato una suggestiva triplice spiegazione del fatto che spesso si tace sulle persecuzioni che coinvolgono i cristiani. C’è il timore di chi, «onesto intellettualmente», non vuole «complicare le cose in loco a chi si vuole difendere». C’è poi la «realpolitik» di chi ha «timori di ritorni interni». E c’è infine l’atteggiamento «più disonesto di tutti», quello dettato dal «politicamente corretto che ci fa tenere la bocca chiusa». Alla presentazione del Rapporto ha preso parte anche un testimone, il vescovo pachistano di Faisalabad, monsignor Joseph Coutts, che ha affrontato in particolare il problema della legge contro la blasfemia nel suo Paese, puntando il dito soprattutto sul modo in cui viene applicata in concreto. Una legge – ha spiegato il prelato – che dal 1986 ad oggi ha causato l’incriminazione di 993 persone con l’accusa di avere profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto: fra queste, 479 erano musulmani, 340 ahmadi – una setta che il governo non riconosce come musulmana – 120 cristiani, 14 indù e 10 di altre religioni. Finora non è stata eseguita nessuna condanna a morte in base a questa legge, ma essa «crea uno stato di tensione – ha spiegato il vescovo – perché non sappiamo chi sarà accusato domani di blasfemia». Senza contare poi che, tra l’altro, una trentina di persone in Pakistan sono state uccise senza processo dagli estremisti solo per l’accusa di blasfemia a loro rivolta. Alla presentazione ha inviato un suo messaggio il ministro degli Esteri Franco Frattini in cui ha ricordato che «la libertà religiosa è uno dei cardini della nostra civiltà» e «violarla significa non solo negare un diritto fondamentale, ma negare l’essenza più profonda dell’uomo». Il titolare della Farnesina ha confermato «l’impegno dell’Italia, del ministero e mio personale per la protezione della libertà religiosa e per la tutela delle minoranze religiose». Il ministro ha infine ricordato che il problema tocca molte confessioni religiose, anche se «negli ultimi tempi le minoranze cristiane sono state colpite in modo particolare».
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