martedì 17 maggio 2016
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ROMA La «missione di Gesù», culminata nel dono dello Spirito Santo, aveva lo «scopo essenziale » di «riallacciare la nostra relazione con il Padre, rovinata dal peccato » e quindi di «toglierci dalla condizione di orfani e restituirci a quella di figli». Lo ha ricordato papa Francesco nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica presieduta domenica mattina nella Basilica di San Pietro in occasione della solennità di Pentecoste. Prendendo spunto dalle parole di Gesù tramandate nel Vangelo di Giovanni («non vi lascerò orfani») il Pontefice ha osservato che «anche nel nostro tempo si riscontrano diversi segni di questa nostra condizione di orfani ». Come «quella solitudine interiore che sentiamo anche in mezzo al- la folla e che a volte può diventare tristezza esistenziale». Come «quella presunta autonomia da Dio, che si accompagna ad una certa nostalgia della sua vicinanza». Come «quel diffuso analfabetismo spirituale per cui ci ritroviamo incapaci di pregare». Come «quella difficoltà a sentire vera e reale la vita eterna, come pienezza di comunione che germoglia qui e sboccia oltre la morte». O come «quella fatica a riconoscere l’altro come fratello, in quanto figlio dello stesso Padre». A tutto questo, ha ribadito papa Francesco, «si oppone la condizione di figli, che è la nostra vocazione originaria, è ciò per cui siamo fatti, il nostro più profondo “Dna”, che però è stato rovinato e per essere ripristinato ha richiesto il sacrificio del Figlio Unigenito». Nella sua omelia il vescovo di Roma ha infine osservato che il «non vi lascerò orfani» di Gesù fa «pensare anche alla presenza materna di Maria nel Cenacolo». E la Madre di Gesù «in mezzo alla comunità dei discepoli radunata in preghiera», è «memoria vivente del Figlio e invocazione vivente dello Spirito Santo». E proprio all’intercessione di Maria, «Madre della Chiesa», il Pontefice ha affidato «in modo particolare tutti i cristiani, le famiglie e le comunità che in questo momento hanno più bisogno della forza dello Spirito Paraclito, Difensore e Consolatore, Spirito di verità, di libertà e di pace». Dopo la celebrazione dell’Eucaristia papa Francesco si è affacciato dal Palazzo Apostolico per guidare la preghiera mariana del Regina Coeli. Nel saluto introduttivo ha ribadito che la liturgia di Pentecoste «ci invita ad aprire la nostra mente e il nostro cuore al dono dello Spirito Santo, che Gesù promise a più riprese ai suoi discepoli, il primo e principale dono che Egli ci ha ottenuto con la sua Risurrezione ». Questo dono, ha continuato, «Gesù stesso lo ha implorato dal Padre», come attesta il Vangelo di Giovanni, quando nell’Ultima Cena dice ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre». «Queste parole – ha spiegato il Pontefice – ci ricordano anzitutto che l’amore per una persona, e anche per il Signore, si dimostra non con le parole, ma con i fatti; e anche “osservare i comandamenti” va inteso in senso esistenziale, in modo che tutta la vita ne sia coinvolta». Infatti «essere cristiani non significa principalmente appartenere a una certa cultura o aderire a una certa dottrina, ma piuttosto legare la propria vita, in ogni suo aspetto, alla persona di Gesù e, attraverso di Lui, al Padre». Ed è per questo scopo che Gesù «promette l’effusione dello Spirito Santo ai suoi discepoli». Così «proprio grazie allo Spirito Santo, Amore che unisce il Padre e il Figlio e da loro procede, tutti possiamo vivere la stessa vita di Gesù». Lo Spirito, infatti, «ci insegna ogni cosa, ossia l’unica cosa indispensabile: amare come ama Dio». Quello di due giorni fa è stato l’ultima Regina Coeli recitato quest’anno. Finito il tempo liturgico di Pasqua da domenica si tornerà infatti a recitare l’Angelus. Dopo la preghiera papa Francesco ha salutato i fedeli di Casalbuttano, Cortona, Terni, Ragusa; i ragazzi di Romagnano di Massa, nonché la “Sacra Corale Jonica” della Provincia di Taranto. Un saluto «particolare » ha poi rivolto ai tutti i partecipanti alla “Festa dei Popoli”, nel 25° anniversario, celebrata in Piazza San Giovanni in Laterano. «Che questa festa, – ha detto – segno di unità e della diversità delle culture, ci aiuti a capire che il cammino verso la pace è questo: fare l’unità, rispettando le diversità ». Un «pensiero speciale» infine il Pontefice l’ha rivolto agli Alpini riuniti ad Asti per l’Adunata Nazionale. E lo ha fatto esortandoli «ad essere testimoni di misericordia e di speranza, imitando l’esempio del beato don Carlo Gnocchi, del beato fratel Luigi Bordino e del venerabile Teresio Olivelli, che onorarono il Corpo degli Alpini con la santità della loro vita». © RIPRODUZIONE RISERVATA La Messa di Pentecoste domenica scorsa (Lapresse)
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