mercoledì 12 settembre 2018
Nella prefazione al nuovo libro di monsignor Galantino il richiamo all'importanza dell’ascolto e al valore del dialogo. Le parole della Chiesa segno e strumento del Regno
Galantino e papa Francesco durante la visita a Cassano all’Jonio nel giugno 2014 (Ansa)

Galantino e papa Francesco durante la visita a Cassano all’Jonio nel giugno 2014 (Ansa)

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Pubblichiamo la prefazione scritta da papa Francesco al libro “ Vivere la parole. Per un vocabolario dell’esistenza” di monsignor Nunzio Galantino segretario generale della Cei e presidente dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica). Il volume raccoglie i testi della rubrica che Galantino cura sull’edizione della Domenica de «Il Sole 24 Ore». Il titolo della prefazione del Pontefice è “Le parole non sono neutre”.

Le parole non sono neutre, né lasciano mai le cose come stanno. Non nascono a tavolino, nei salotti buoni di circoli chiusi e autoreferenziali. Danno, piuttosto, voce a valori culturali e spirituali radicati nella memoria collettiva di un popolo, a cui restituiscono nuovo vigore. La loro fecondità è legata a una condivisione della vita; è proporzionata alla disponibilità con cui accettiamo di lasciarci interrogare e coinvolgere dalla realtà, dalle situazioni e dalle storie delle persone. Vivere le parole significa superare sospetti, paure e chiusure per assumere il coraggio liberante dell’incontro.

È un cammino che richiede di saper riscoprire il primato del silenzio, da cui tutto prende inizio. Questo, infatti, rimane il grembo che, mentre rende possibile e custodisce l’ascolto, ci permette di uscire e andare oltre se stessi. Si arriva, allora, a farsi vicini, ad assumere atteggiamenti e stili di prossimità, fino a prendersi a cuore «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» ( Gaudium et spes , . Così, chi impara ad ascoltare si ritrova nella compagnia degli uomini, animato da uno spirito di dialogo che apre alla cultura della reciprocità, capace di insegnare e apprendere, di dare e ricevere, di offrire e accogliere ragioni di senso, di speranza e di futuro. In tale dinamismo sta anche la freschezza delle parole, che – se sgorgano sempre dall’esperienza – interpellano la sensibilità, la formazione e la profondità della persona. Insieme allo spessore dei contenuti, si diffondono grazie all’attenzione a cercare la modalità più appropriata per raggiungere l’altro e suscitarne la ripresa e la risposta.

Per ogni battezzato, questa fedeltà all’uomo è la condizione esigente che apre la strada alla missione di annunciare a tutti la Parola che salva; è l’anima del discernimento, che non si stanca di scrutare i segni dei tempi per ricercarvi la volontà di Dio, arrivando a leggere, interpretare e prendere posizione nella storia; è il segreto di ogni azione evangelizzatrice, la forza affascinante della credibilità e affidabilità delle parole della Chiesa, segno e strumento del Regno. Ho già avuto modo di osservare che, proprio perché autentiche, tali parole pesano: le sostiene soltanto chi le incarna nella vita con una testimonianza limpida e appassionata. Di tale testimonianza questo testo è segno, grazie alla capacità di Monsignor Nunzio Galantino di mettere in fila voci di un dizionario che aiuta a riappropriarsi della vitalità e della bellezza della vita quotidiana.

Da “Dio” a “morte” le 101 parole del «vocabolario« di Galantino

Si intitola “Vivere le parole. Per un vocabolario dell’esistenza” il nuovo libro di monsignor Nunzio Galantino. Il volume (Edizioni Piemme, pagine 252, euro 18) raccoglie i testi della rubrica “Abitare le parole” che il segretario generale della Cei e presidente dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica) cura sulla Domenica de «Il Sole 24 Ore». Il testo – spiega lo stesso Galantino nell’introduzione – «si organizza in sette capitoli, ognuno dei quali raccoglie parole affini, che si richiamano l’una con l’altra, e da varie angolature ci aiutano a entrare in un aspetto della vita dell’uomo, del mondo, della società». È il tentativo di costruire un piccolo dizionario, finora composto da 101 parole (da Dio a morte), «una sorta di vocabolario di antropologia che descrive la relazione fra l’Io e il mondo, che si apre agli altri e alla società fino a incontrare l’Altro». Nello spirito di penetrarle e viverle più fondo, scongiurando il rischio di svuotarle di senso e ridurle a semplici suoni, il libro è un invito a lasciarsi abitare dalla parole e ad abitarle «in modo che non servano solo a trasmettere informazioni ma creino relazione, generino dialogo e favoriscano il confronto». Nella consapevolezza che «chi si sforza di abitare le parole si mette sulle tracce del mistero, lo abita pur senza possederlo e, senza saperlo, invita altri a fare altrettanto».


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