giovedì 24 gennaio 2019
L’omelia del presidente della Cei: il vero pericolo è quello di indurire il nostro cuore, si cura con il dialogo e l’accoglienza
Bassetti: «L'altro è un altro me stesso»
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La Messa presieduta dal presidente della Cei ha concluso la prima mattinata delle catechesi per i pellegrini italiani. Un vero e proprio dialogo tra vescovi e giovani su grandi temi di attualità che interrogano tutti.

Per spiegare l’atmosfera bisogna ricorrere allo spagnolo. Lingua che chiama la gioia alegrìa e così definisce anche lo stile che l’accompagna. Nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe il clima è proprio quello. Si respira una sana alegrìa che non esclude la tristezza, che non rifiuta le lacrime ma le inserisce in un disegno più grande, le vive come un capitolo importante e necessario di un libro scritto bene, e destinato comunque al lieto fine. Per la prima volta durante una Gmg, spiega don Michele Falabretti responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, tutti pellegrini italiani si ritrovano insieme nella stessa Messa. Un respiro di felicità, un’alegrìa appunto, che non dimentica, che non esclude il ricordo di chi non c’è, a cominciare da Susanna la ragazza morta di meningite a Vienna mentre tornava da Cracovia.

Oggi come allora le mattinate che accompagnano l’arrivo e le prime tappe della visita del Papa sono contrassegnate dalla catechesi, con i ragazzi divisi per gruppi attorno a un vescovo che non è il proprio. Ma rispetto al passato c’è una differenza: viene privilegiato il protagonismo dei giovani. L’Eucaristia presieduta dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, arriva al termine della prima sessione di questi appuntamenti. E nell’omelia, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve non manca di sottolineare l’importanza del lasciarsi interpellare, "insieme", parola che sottolinea, dal Papa. «Voi cari ragazzi – osserva – con i vostri sguardi, con le vostre persone gridate il desiderio e l’esigenza di sentirsi vicini, di essere gli uni compagni di viaggio degli altri, come in una carovana solidale, un pellegrinaggio gioioso». La Chiesa del resto «è fatta per essere insieme, per essere corpo, per essere comunione, con Cristo e fra noi. Comunione che ci fa solidali specialmente con i poveri, gli emarginati, i profughi».

E il pensiero non può che andare alla tragica attualità, commentata in un’intervista all’agenzia Sir. «Se non si riscopre il concetto di umanità e la logica del Samaritano, per cui l’altro che sta ai margini della strada per un motivo o per un altro è un altro me stesso e ha le stesse necessità umane che ho io – spiega Bassetti –, non si risolveranno mai i problemi». In questo senso la politica deve tenere conto «dell’animo del popolo italiano. Non possiamo stuzzicare soltanto gli umori più negativi, ma dobbiamo aiutare a riprendere fiducia, soprattutto nell'altro, a riprendere speranza ». Il rischio infatti, il vero pericolo per i giovani, aggiunge Bassetti nell'omelia partendo dal Vangelo sull'uomo con la mano inaridita, è l’indurimento del cuore. Una malattia da curare con l’ascolto, il dialogo, l’accoglienza. Semi di comunione che germinano alla Gmg. Cari ragazzi, sollecita Bassetti «parlatevi gli uni gli altri di Gesù, della vostra fede, dei dubbi. Chiedete ai giovani che incontrerete dell’esperienza della guerra, della povertà. La fede è vera soltanto se è condivisa». Perché la gioia, meglio l’alegrìa, va declinata al plurale. Da sola non cresce, inaridisce. Come la mano dell’uomo del Vangelo.

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