giovedì 5 dicembre 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Avevano visto giusto i Padri conciliari. Persino al di là delle loro stesse intenzioni. Perché se è vero che la storia dell’approvazione del decreto Inter Mirifica è stata abbastanza travagliata (come testimonia ad esempio il più alto numero di "non placet" nella votazione finale per un documento del Concilio, ben 164), è anche vero che quella successiva al varo del testo ha rivelato l’alto grado di «profezia» di un testo che ha segnato davvero una svolta nella storia del Magistero. Secondo l’arcivescovo Claudio Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, uno dei maggiori meriti è «l’aver accolto la dimensione kerigmatica e salvifica dei mass media, per continuare a diffondere la Buona Novella». E il rettore della Pontifica Università Lateranense, il vescovo Enrico dal Covolo, ha aggiunto: «È un documento che nell’arco dei decenni ha fornito una "carta d’identità" ai mezzi di comunicazione sociale nella vita della Chiesa».I due presuli sono intervenuti ieri al convegno «Inter Mirifica. Cinquant’anni tra le meraviglie» con cui proprio l’Università dei Papi ha voluto ricordare il mezzo secolo della promulgazione del decreto (4 dicembre 1963), il primo varato dal Concilio. All’epoca, ha aggiunto Celli, «la Chiesa sentì il bisogno di capire i mezzi della comunicazione sociale per entrare a far parte di un’epoca in cui la stampa, la radio, il cinema e la televisione aumentavano il loro impatto nella vita quotidiana di ogni uomo». Inter Mirifica, dunque, ha avuto il merito, ha proseguito dal Covolo, di «impostare un progetto a lungo termine, che cominciò a realizzarsi fin da subito e che in questi decenni sta sempre più sviluppandosi». Quel testo, dunque, ha preparato la Chiesa «a leggere i segni dei tempi nell’ambito comunicativo, e a camminare al ritmo di un pellegrino, sui sentieri non ancora battuti delle comunicazioni sociali».E infatti la lettura di questo cammino non è mancata nel convegno di ieri. Monsignor Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, l’ha collocata sullo scenario della grande storia, a partire dal clima di guerra e pace che accompagnò il Concilio, tra la crisi di Cuba e le aperture di Giovanni XXIII, per spaziare sul progressivo incontro tra il mondo dei media, la Chiesa e in special modo la Santa Sede e i lavori conciliari. «È piuttosto interessante – ha fatto notare Viganò – rileggere l’esperienza stessa dei Padri conciliari come cammino di maturazione nella consapevolezza di quanto rappresentino, dal punto di vista sociale i media di massa». Una prospettiva, questa, ripresa e fatta propria anche dal direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, monsignor Domenico Pompili. «L’Inter mirifica non ha compreso tutto, ma ha innescato obiettivamente una serie di processi, la cui storia degli effetti giunge fino a noi. Si conferma la sua intuizione di fondo, legata alla trascendenza dell’uomo che trasforma la tecnica in "meraviglie", compiendo la sua vocazione divina. Alla fine anche nei nuovi ambienti digitali, il medium più prezioso siamo noi». Pompili ha anche ricordato le ricadute del decreto nel contesto italiano. La pubblicazione del direttorio Comunicazione e missione, i convegni «Parabole mediatiche» e «Testimoni digitali», l’investimento di questi anni su Avvenire, Tv2000, Radio InBlu, Sir e portale Cei (ww.chiesacattolica.it). Tutto «va nella direzione – ha detto – di non far mancare in nessun contesto la voce della Chiesa e il suo invito». E «il sito che si sta costruendo per il Convegno nazionale di Firenze 2015 rappresenta un ulteriore passo avanti».Al Convegno è intervenuto anche il vice direttore della Sala Stampa vaticana, Angelo Scelzo. Don Walter Insero, infine, ha parlato dell’esperienza di Roma Sette.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: