venerdì 2 agosto 2019
Rinvenuti nella casa natale di Albino Luciani una lettera inviata dalla secondo genita dello scrittore, poeta e saggista francese insieme a una raccolta di testi del padre sulla virtù teologale
Quando la figlia di Péguy scrisse a Papa Luciani
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«Mi permetto di offrirle queste pagine sulla piccola speranza… che sia la sua forza in questo grave peso che Dio le ha affidato... che il Signore l’aiuti a condurre il popolo cristiano sulla via della fede ». Queste parole indirizzate da Parigi a Giovanni Paolo I l’11 settembre 1978 recano la firma di Germaine Péguy, figlia di Charles Péguy, l’autore “ que vous aimez”, come scrive al Papa in francese la secondogenita del grande scrittore cristiano del Novecento. È una breve ma intensa e significativa missiva quella che la figlia del fondatore dei “ Cahiers de la Quinzaine” invia personalmente a papa Luciani durante il suo pontificato, accompagnandola con il dono del volume Les Enfants, una raccolta di stralci tratti dai tre poemi: - Le Mystère de la charité de Jeanne d’Arc; Le Porche du mystère della deuxième vertu; Le Mystère des saints Innocents - nei quali Péguy esalta la virtù teologale della speranza.

La lettera inedita e il volume su “ la petite esperance”, che colgono nel segno il lascito spirituale del pontificato di Giovanni Paolo I, sono stati di recente rinvenuti nella sua Casa natale a Canale d’Agordo, dove erano conservati dalla famiglia insieme ad altre lettere e a una trentina di volumi contrassegnati dalla sua firma autografa, provenienti dalle casse contenenti i suoi libri e il suo archivio privato ritornato dall’appartamento vaticano in terra veneta dopo la sua morte. Albino Luciani amava particolarmente lo scrittore francese, lo definisce il “cantore della speranza”, e le occorrenze, i puntuali rimandi alla sua produzione, in prosa e in poesia, ricorrenti negli scritti editi, ne documentano la piena conoscenza dell’opera e del pensiero. Proprio a Charles Péguy, Luciani dedica la quinta lettera del suo testo squisitamente letterario, Illustrissimi, fortunata silloge di quaranta epistole immaginarie edita nel 1976 e anche l’unica tra le sue pubblicazioni che egli volle ridare alle stampe riveduta nei giorni del suo breve pontificato. È attraverso la ripresa di una delle immagini più originali e poeticamente alte con le quali lo scrittore francese descrive la seconda virtù teologale nella trilogia dei Mystères, che egli introduce il colloquio sulla speranza, tema centrale della lettera di Illustrissimi dal titolo: “Noi siamo lo stupore di Dio”.

«“La speranza, ecco quello che mi stupisce – dice Dio”. D’accordo con te, caro Péguy, che la speranza stupisce. D’accordo con Dante ch’essa è “uno attender certo”». E proprio con le citazioni tratte dai Mystères, Luciani intesse interamente la filigrana della sua lettera immaginaria a Péguy intrecciandone la struttura con i versi del venticinquesimo canto del Paradiso dantesco sulla virtù della speranza, ed è a questi che allude anche nella terza udienza generale del pontificato dedicata alla medesima virtù. Il lavoro di ricerca delle fonti bibliografiche, personalmente svolto ai fini della tesi di dottorato, ha permesso di rinvenire, seppure in esigua parte, la biblioteca personale di Albino Luciani relativa alle opere degli autori citati in Illustrissimi. Per il rinvenimento di tali opere, presenti nella biblioteca personale di Albino Luciani, è però necessario ripercorre il singolare e complesso itinerario seguito dalla biblioteca e dell’archivio privato di Giovanni Paolo I l’indomani della sua morte in Vaticano il 28 settembre 1978 e del quale facevano parte anche la lettera e il volume inviato da Germaine Péguy.

L’itinerario è stato ricostruito sulla base dei dati acquisiti nel corso della ricognizione del materiale conservato presso l’Archivio storico patriarcale di Venezia svoltosi nel 2008, nell’ambito delle indagini suppletive inerenti alla Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo I. L’insieme delle carte che vanno dal 1929 al 1978, affiancate da una fornita biblioteca, costituivano per Luciani, nel loro insieme, una sorta di officina di lavoro work in progress dove continuamente attingere e aggiungere. Tale bagaglio personale aveva sempre accompagnato i suoi passaggi nelle diverse sedi episcopali e giunse anche nell’appartamento pontificio l’indomani della sua elezione al Soglio di Pietro. Alla sua morte venne tuttavia disposto che le numerose casse contenenti le carte e i libri facessero ritorno nella sede patriarcale di Venezia, dove tutt’oggi le carte sono conservate presso l’Archivio storico del patriarcato mentre i libri in parte presso la biblioteca del Marcianum. Di quanto ritornato a Venezia, i congiunti di Giovanni Paolo I, il fratello Edoardo e la sorella Antonia, avevano allora trattenuto il contenuto di alcune casse. Le frequenti conversazioni avute personalmente con i familiari hanno tuttavia portato alla conoscenza della perdita di diversi volumi facenti parte del bagaglio ritornato dal Vaticano. Il materiale documentale e librario reperito nella Casa natale verrà ora inventariato a cura di Loris Serafini, direttore del Museo Albino Luciani di Canale d’Agordo. E ci si augura che presto una Fondazione ad hoc possa tutelare tutto questo patrimonio.

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