domenica 27 marzo 2016
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Famiglie che aiutano altre famiglie a crescere. Che stanno loro vicine nei momenti di difficoltà. Che diventano punto di riferimento per la cura dei figli, per i bilanci di casa, per la burocrazia di moduli e bollette. Si chiama progetto «Una famiglia per una famiglia». Ma in quest’anno giubilare si potrebbe anche definire 'misericordia familiare'. La formula dell’iniziativa – inventata dalla Fondazione 'Paideia' di Torino e oggi sostenuta a livello nazionale anche da Caritas e da altre realtà – è tanto semplice quanto originale: una famiglia si impegna a sostenere per un anno un’altra famiglia che vive situazioni di fra- gilità relazionale, economica, psicologica. Una solidarietà che coinvolge tutti, genitori e figli, secondo diverse competenze e responsabilità. E quando l’anno è trascorso? Ecco il bello di questa vicinanza nella reciprocità. Il progetto finisce ma l’amicizia continua. Ne sanno qualcosa Lucia Poletti e Michele Semenza che con i loro due figli di 11 anni e 15 anni stanno vivendo il loro terzo progetto di affiancamento familiare. Abitano a Ferrara. Lui è informatico, lei insegnante di scienze, e non hanno avuto bisogno del progetto di affiancamento familiare per scoprire il valore dell’impegno solidale. «Possiamo dire di fare volontariato da sempre. Siamo sposati da 19 anni ma – raccontano – anche prima eravamo impegnati nella pastorale giovanile e nella catechesi con i bambini». Ma da quando, quattro anni fa, hanno seguito una conferenza su questa nuova forma di affido familiare allargato, non hanno avuto dubbi. Sembrava modellata proprio sul loro modo di intendere la carità di coppia. E hanno dato piena disponibilità a diventare 'famiglia affiancante'. Dopo poche settimane la prima esperienza con una ragazza nigeriana, Cinzia, ventiduenne «Aveva un bambino di 9 mesi e un marito sempre via per lavoro. Piena di buona volontà, ma assolutamente sola. Abbiamo costruito per lei una rete di buone relazioni – proseguono i coniugi Semenza – e l’abbiamo aiutata nell’accudimento della piccola in cui, inevitabilmente, non aveva alcuna esperienza». E poi c’era l’ordinaria burocrazia domestica tutta da inventare. E anche un esame professionale da affrontare per diventare operatrice sanitaria. Qui l’esperienza di Lucia, insegnante di scienze, è risultata preziosa. Cinzia ha affrontato e superato l’esame. Ora lavora in ospedale con uno stipendio dignitoso. «I nostri rapporti continuano. Anche pochi giorni fa è stata qui a cena con noi. E la nostra disponibilità all’aiuto non si è mai interrotta». Il secondo progetto ha coinvolto una mamma rumena separata, con un figlio di 10 anni. Anche con lei si è imposta la necessità di strutturare in modo più razionale tutta l’ordinaria amministrazione domestica. Ma anche di fornire un aiuto per l’educazione del figlio. «E ora – riprendono Lucia e Michela – il nostro impegno riguarda Schela, una mamma pachistana di 30 anni e con 4 figli (da 2 a 10 anni) da crescere. Il marito è assente e lei non ha lavoro ». Una realtà più complessa? «Ma no, vivono nella casa Caritas con il contributo di tutti e noi aiutiamo la donna per l’educazione dei ragazzi. Il più grande va in palestra con nostro figlio. Tutti insieme siamo stati in gita a Venezia. E per la Pasquetta la metà è già fissata: Mirabilandia». Bello, sì. Ma questo dilatarsi degli impegni e della responsabilità non rischia di terremotare gli equilibri familiari? «Ma no – rispondono senza incertezze Lucia e Michele – la generosità fa bene a tutti, a cominciare dai nostri figli. E non si deve pensare che sia una solidarietà a senso unico. Ciò che offriamo in termini di tempo e di impegno ci viene abbondantemente restituito. È una 'misericordia reciproca e incrociata' che arricchisce tutti. E fa bene all’intera comunità». © RIPRODUZIONE RISERVATA Un progetto della Fondazione Paideia coinvolge tutti, genitori e figli
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