mercoledì 8 maggio 2013
Una linea invisibile divide i residenti del centro della città carioca da quelli di una delle sue sacche di disagio estremo, ma Bergoglio l’attraverserà.
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«Non è possibile che una personalità così importante venga qui. È tutto talmente povero...». Dalla favela di Varginha si vede con chiarezza la sagoma del Cristo Redentore, la statua simbolo di Rio de Janeiro. Le braccia di Gesù si aprono per accogliere anche i 50mila abitanti di questo complesso di baracche, ragnatele di fili elettrici pronte a rubacchiare l’energia ovunque si “nasconda” e vicoli impervi. Un muro invisibile, però, divide i residenti dal cuore scintillante della città carioca. I “varginheiros” difficilmente oltrepassano i confini delle 13 comunità che formano il complesso Manguinhos. E gli altri cittadini si guardano bene da quella che, nonostante la presenza della polizia dallo scorso ottobre, è considerata ancora “zona rossa”. Naturale, dunque, che la gente accolga con incredulità la notizia della visita del Papa annunciata ieri. Francesco, il primo Pontefice latinoamericano, varcherà i confini della baraccopoli, incontrerà i suoi abitanti. E insieme a loro, da questo angolo inusuale, ammirerà la maestosa bellezza del Cristo Redentore. «Dice sul serio?», domanda commossa Maria da Penha, una delle abitanti storiche di Varginha: sono trascorsi 42 anni da quando la donna ha costruito con qualche asse scomposta la sua casupola. Poco distante c’è il campo da calcio dove il Papa incontrerà i residenti nella giornata del 26 luglio. Lo stesso campo, dove l’ex calciatore Jairzinho allena i ragazzi una volta alla settimana. «Il Papa sa quanto è importante il calcio per noi latini. Per questo vedrà il nostro campetto», afferma l’ex attaccante. In particolare, il pallone viene utilizzato come strumento di socializzazione e antidoto alla violenza. Cronica nella favela, soprannominata non a caso “la Striscia di Gaza”. «La gente non è cattiva, è arrabbiata. Ci sentiamo esclusi. Per questo siamo così felici che arrivi il Papa», racconta João, visibilmente emozionato. «Oltre gli avvenimenti centrali della Giornata ai quali parteciperà – ha detto monsignor Orani Tempesta, arcivescovo di Rio, a Radio Vaticana – il Papa ha scelto altre attività come la visita a una favela, a un’opera che si occupa del recupero di giovani tossicodipendenti (l’ospedale San Francesco d’Assisi, ndr). Ma avrà anche uno sguardo speciale ai giovani che sono privi della libertà, i detenuti. Sono segni molto belli e importanti». Un forte valore simbolico ha anche la visita al Santuario di Nostra Signora di Aparecida, il 24 luglio. Francesco celebrerà la Messa nel principale luogo di culto mariano del Brasile. Come ha ricordato monsignor Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo della città, l’allora cardinale Bergoglio ha partecipato alla stesura del documento finale della quinta Conferenza dei vescovi latinoamericani di Aparecida nel 2007, in cui viene sottolineata la centralità di una «nuova evangelizzazione». Quell’andare verso le periferie che è uno dei pilastri dell’azione pastorale di Francesco.
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