sabato 20 luglio 2013
​Il simbolo della Giornata mondiale è arrivato fra l’entusiasmo generale anche a Rocinha, una
delle sacche di miseria più  famose di Rio, fra baracche e fogne a cielo aperto. Poveri per i quali è un lusso anche il biglietto dell’autobus, ma ricchissimi nella fede
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È considerata la periferia più famosa di Rio de Janeiro, il luogo simbolo dei reietti della città, un territorio fino ad alcuni anni fa off limits per gli stranieri e per la grande maggioranza dei cariocas. Si chiama Rocinha ed è la favela più grande del Brasile, simbolo universale della città che ospiterà Francesco. Si dice che conti oltre 150.000 abitanti. Una città nella città: ci sono ancora le baracche di legno dei disperati e le fogne a cielo aperto, ma anche palazzine con i terrazzini, banche, autobus e negozi di cellulari. Persino agenzie immobiliari. Ci vengono volontari da tutto il mondo a dare una mano e i turisti che ritengono che non si possa conoscere Rio senza aver messo piede in una delle sue mille favelas ci arrivano con brevi viaggi guidati.È in queste sacche di povertà che si trova il Brasile più devoto, ed è qui che è giunta giovedì sera la Croce della Gmg, la Cruz peregrina, come la chiamano i brasiliani. Il simbolo della Giornata mondiale della gioventù, insieme all’icona mariana, che ha attraversato tutto il Paese (una nazione 25 volte più estesa dell’Italia), è stata accolta da canti e applausi e da cartelloni di benvenuto. Migliaia di persone, la grande maggioranza con i tipici sandali infradito dei poveri del Brasile e una semplice candela bianca accesa tra le mani, hanno accompagnato i simboli in processione lungo la Estrada da Gavea, la via più ampia della Rocinha che si arrampica fino alla chiesa della Nossa Senhora da Boa Viajem. Centinaia di giovani hanno voluto almeno sfiorare con le mani i simboli intonando in coro: «A jornada è nossa, a jornada è nossa!», «La Giornata è nostra», un modo tipicamente brasiliano di fare il tifo per tutto quello che amano. Ad attenderli nel cortile di fronte alla chiesa coloniale, padre Jaime Girardi, un francescano di origini trentine, parroco della Rocinha. «È un momento di grandissima emozione, non ho parole per descrivere quanto significhi la presenza della Croce per una comunità troppo a lungo dimenticata come la nostra – ha spiegato ad Avvenire il sacerdote davanti a un piccolo altare improvvisato all’esterno della chiesa –. Questa è la dimostrazione che l’abbraccio del Papa arriva negli angoli più remoti del mondo». Molti giovani pellegrini e intere famiglie si sono radunate nel cortile per ascoltare le parole del sacerdote francescano e per intonare musiche religiose; poi la parrocchia ha offerto un rinfresco semplice: torte, hot dog e bibite. «Per i giovani poveri della favela e per le loro famiglie è stato un momento di grande festa, ma anche di incontro e di avvicinamento. Considerata la realtà in cui viviamo possiamo dire che è stata una serata indimenticabile per l’intera comunità», ha spiegato entusiasta il francescano che da tre anni opera come parroco della favela. Per molti abitanti della Rocinha, quello dell’incontro con i simboli della Gmg è stato l’unico momento in cui hanno potuto assaporare l’emozione e l’atmosfera della Giornata mondiale della gioventù. Nonostante il governo dello Stato abbia proclamato festivi i giorni in cui il Papa raggiungerà la spiaggia di Copacabana e celebrerà la Messa a Guaratiba, un gran numero di poveri delle favelas non avrà la possibilità di recarsi così lontano per incontrare Francesco. Il solo costo del biglietto dell’autobus, che ha dato origine alle storiche proteste delle scorse settimane, rappresenta una spesa rilevante per molti. «Il biglietto è caro e in quei giorni ci vorranno probabilmente ore per spostarsi da un punto all’altro della città – spiega Roberta de Souza, una giovane domestica che lavora a Ipanema ma vive alla Rocinha –. Io vorrei andare anche a Guaratiba per la Messa, ma ho due bambine molto piccole e non saprei a chi lasciarle durante tutto quel tempo».Nelle oltre mille favelas di Rio de Janeiro vive oggi oltre un milione di persone, in gran parte famiglie giunte dal misero nord-est del Paese in cerca di lavoro. Tanti di loro rappresentano manodopera a bassissimo costo, altri non hanno alternative se non quella di vivere di espedienti soprattutto adesso che l’industria del narcotraffico ha praticamente chiuso i battenti. Nonostante i passi da gigante compiuti dal governo per urbanizzare e pacificare le favelas con speciali Unità di polizia pacificatrice (Upp), le baraccopoli restano ancora il simbolo di un Paese che pur essendo diventato la quinta potenza economica del mondo non riesce a liberarsi da una distribuzione di ricchezza tanto iniqua da impedire ancora a molti di comprare un biglietto per l’autobus se non è strettamente necessario.<+copyright>
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