mercoledì 22 agosto 2012
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«C'è un pezzo di "Villa Glori" in Mozambico», afferma con orgoglio Massimo Raimondi, coordinatore delle tre case famiglia per malati di Aids e sieropositivi aperte a Roma dalla Caritas diocesana. Ed è un gemellaggio particolare, quello nato con la missione nel villaggio di Mafuiane (a circa 40 chilometri dalla capitale mozambicana Maputo), sostenuta dalla parrocchia di San Frumenzio ai Prati Fiscali: impegnarsi per costruire in terra mozambicana una casa famiglia che accoglierà ragazze madri sieropositive e i loro bambini, fornendo loro assistenza e un ambiente adatto per far crescere i figli. Una solidarietà senza confini, dunque, fra chi vive sulla propria pelle la stessa malattia e lo stigma sociale. Negli anni Ottanta, quando l’allora direttore della Caritas romana monsignor Luigi Di Liegro aprì i battenti della prima «Villa Glori» nel quartiere Parioli, le manifestazioni di rifiuto e di protesta dei residenti furono accese, seguite da quelle solidali di tanti operatori, volontari, credenti e non.Insomma, la storia continua ma all’insegna della speranza e dello stesso nome: infatti la casa famiglia si chiamerà proprio «Villa Glori», come quella romana a migliaia di chilometri, snodandosi in tre edifici con abitazioni per gli ospiti, cucina e servizi igienici. I lavori si concluderanno nei prossimi mesi, grazie anche alla collaborazione dei parrocchiani di San Frumenzio, dopo la posa della prima pietra avvenuta il 5 marzo scorso: «Isac Moamba, il muratore, aveva già preparato il terreno, tagliando l’erba e creando un piano livellato, e aveva già tracciato il solco per le fondamenta», racconta Raimondi. Alla cerimonia era presente anche don Giampiero Palmieri, parroco di San Frumenzio, insieme al missionario laico Stelio Minghelli - quasi settantenne, che dal 2005 vive a Mafuiane - e a volontari, suore, bambini della scuola materna limitrofa e maestre.«L’idea per la realizzazione del progetto è maturata dopo aver conosciuto Marcela e sua figlia Scolastichinha. Marcela, ragazza madre disabile, non ha potuto allattarla perché malata di Aids e non può provvedere al suo sostentamento perché non ha un lavoro ed è stata abbandonata dalla sua famiglia. Non si sa neppure chi sia il padre della bambina», riferisce Stelio, padrino di Battesimo della piccola. Vedovo, in pensione, a Roma gestiva una ditta di progettazione e installazione di impianti elettrici: ora insegna il know-how a centinaia di giovani africani. «Tanti bambini a Mafuiane nascono sieropositivi. Per loro l’unica speranza di vita è ricevere le cure giuste nei primi tre anni di vita», aggiungono i volontari. L’incontro con gli ospiti e i volontari di «Villa Glori» è avvenuto l’11 dicembre 2010: Minghelli era stato invitato a presentare la realtà di Mafuiane, in particolare il progetto della casa famiglia per mamme sieropositive con bambini. Così tutte le attività del 2011, in particolare quelle dei laboratori di artigianato, sono state finalizzate a raccogliere i fondi. «Gli ospiti di Villa Glori hanno sposato con entusiasmo e generosità l’idea di potere aiutare persone che, ammalate come loro, non hanno la possibilità né di curarsi né di poter sperare in un futuro migliore», evidenzia Raimondi.Dalla parrocchia San Frumenzio, che dal ’91 a oggi ha visto partire per un periodo di servizio in Mozambico circa 200 persone, assicurano l’appoggio a questa iniziativa; tutti gli aggiornamenti su Mozambico.sanfrumenzio.it. In cantiere, anche la realizzazione di una scuola secondaria e di una fattoria con mucche e capre, coltivazione di frutta e ortaggi, promossa dalla onlus «Mondialità San Frumenzio».
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