mercoledì 18 maggio 2016
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segue da pagina 6 Come vescovi siamo impegnati affinché le finalità della riforma possano trovare efficace e piena risposta nella prassi giudiziaria, coniugando la vicinanza accogliente alle persone con le esigenze di assicurare sempre un rigoroso accertamento della verità del vincolo, per sua natura indissolubile ove validamente formato. Nell’esercizio di questa responsabilità, sappiamo di poter contare sull’aiuto degli operatori dei Tribunali, la cui solida formazione ed esperienza rappresentano un bene prezioso da valorizzare per conseguire la realizzazione dei principi ispiratori della riforma. In questa prospettiva, nella quale un oculato discernimento pastorale consentirà il giusto equilibrio anche nella scelta delle soluzioni strutturali più adeguate nelle diverse Chiese particolari, la Cei non mancherà di offrire il proprio sostegno, a tutti i livelli di propria competenza e in comunione con le Conferenze episcopali regionali. 6. UN PAESE CHE SI MUOVE La nostra attenzione va, infine, al popolo al quale apparteniamo con affetto di pastori e di cittadini. Vorremmo poterlo vedere più sereno, occupato nel lavoro, proiettato con fiducia verso il futuro, incoraggiato dalle prospettive dei giovani, lieto nell’intreccio di generazioni che si guardano con simpatia, fiducia, solidarietà. Gli indicatori che si leggono, purtroppo, non sembrano andare in questa direzione. Dall’inizio della crisi l’occupazione è caduta del 4,8%, una delle contrazioni più rilevanti in Europa: i dati ricorrenti dicono che la fascia tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro è prossima al 40% contro il 22% della media europea: in termini percentuali siamo i peggiori, subito prima della Bulgaria. Forte preoccupazione la esprimiamo anche per gli adulti che, una volta perso il lavoro, si trovano nella difficoltà a rientrarvi con grave dan- no per le proprie famiglie oltre che per la propria dignità. Il peso della vita quotidiana, alla ricerca dei beni essenziali, diventa sempre più insostenibile, compreso il bene primario della casa. La povertà assoluta investe 1,5 milioni di famiglie, per un totale di 4 milioni di persone, il 6,8 della popolazione italiana! Mentre la platea dei poveri si allarga inglobando il ceto medio di ieri, la porzione della ricchezza cresce e si concentra sempre più nelle mani di pochi, purtroppo a volte anche attraverso la via della corruzione personale o di gruppo. Le nostre parrocchie vedono le file di coloro che cercano un pasto alle nostre mense: sono stati ben 12 i milioni di pasti distribuiti nel 2015. I responsabili della cosa pubblica, i diversi attori del mondo del lavoro, che cosa stanno facendo che non sia episodico ma strutturale? La Chiesa continuerà a fare tutto quanto le è possibile per stare accanto alla gente, mettendo in campo ogni risorsa: dalle forze di tantissimi volontari alle risorse dell’8 per mille che, oltre a permettere un Clero totalmente disponibile, consente di venire incontro alle enormi richieste della carità e del mantenimento delle opere pastorali. Un altro fronte che ci interroga è quello della natalità. Finalmente, dopo anni che lo richiamiamo, oggi perlomeno si parla di inverno demografico: l’immagine - seppur efficace - non suscita però ancora la necessaria coscienza della gravità. Ad oggi, si vedono segnali positivi di sostegno e promozione della famiglia che, oltre ad essere il grembo naturale della vita, è palestra di umanesimo, di virtù civili, di socialità e di educazione nell’intreccio di generazioni e di generi, primo ammortizzatore sociale. Tali segnali hanno, però, bisogno di essere incentivati e, soprattutto, di diventare strutturali. I dati Istat rimangono impietosi: quelli del 2015 sono i dati peggiori dall’unità d’Italia. Lo scorso anno, a fronte di 653.000 decessi, le nascite sono state 488.000, mentre 100.000 italiani hanno lasciato il Paese. La demografia è un indicatore decisivo dello stato di salute di un Paese, specialmente occidentale, dove lo sviluppo economico e lavorativo, insieme ad una cultura densa di ideali e valori, suscitano speranza nel domani e coraggio nel generare nuove vite, assumendo con fiducia la missione educativa dei figli. Che cosa sta facendo lo Stato perché si possa invertire la tendenza? Si avverte l’urgenza di una manovra fiscale coraggiosa, che dia finalmente equità alle famiglie con figli a carico. Gli esperti dicono che la messa in atto del cosiddetto 'fattore famiglia' sarebbe già un passo concreto e significativo. Un terzo fantasma sta crescendo nel Paese: il gioco d’azzardo. La recente legge intima che il numero delle slot machine si riduca del 30% in quattro anni; in realtà è cresciuto del 10,6% in quattro mesi, salendo a 418.210. Negli ultimi sei anni, mentre fra la popolazione è salita la soglia della povertà, l’affare-azzardo ha raggiunto il 350%, fino a 84 miliardi. A fronte di così cospicui interessi a diversi livelli, chi sarà in grado di resistere alle pressioni delle lobby e intervenire in modo radicale? La ricaduta sociale della ludopatia è devastante per i singoli, che perdono il lavoro, rompono i rapporti familiari, diventano facile preda di altre dipendenze fino al suicidio, come ha affermato il Ministro della salute. I cittadini in che modo possono far sentire la propria volontà a fronte di problemi così gravi che perdurano da troppo tempo, corrompendo modi di pensare e stili di vita? Possono, i problemi, essere scaricati solo sull’Europa e sul mondo globale? La democrazia avanzata deve cercare, non solo tollerare, il dialogo. Esso deve essere praticato nella onestà degli atteggiamenti, nel rispetto di persone e istituzioni, alla ricerca di una sintesi alta e realistica. È su questi problemi che la gente vuole vedere il Parlamento impegnato senza distrazioni di energie e di tempo, perché questi sono i problemi veri del Paese, cioè del popolo. Per questo non si comprende come così vasta enfasi ed energia sia stata profusa per cause che rispondono non tanto a esigenze - già per altro previste dall’ordinamento giuridico - ma a schemi ideologici. La recente approvazione della legge sulle Unioni civili, ad esempio, sancisce di fatto una equiparazione al matrimonio e alla famiglia, anche se si afferma che sono cose diverse: in realtà, le differenze sono solo dei piccoli espedienti nominalisti, o degli artifici giuridici facilmente aggirabili, in attesa del colpo finale - così già si dice pubblicamente - compresa anche la pratica dell’utero in affitto, che sfrutta il corpo femminile profittando di condizioni di povertà. «La famiglia si fonda sul matrimonio hanno dichiarato papa Francesco e il patriarca Kirill - atto libero e fedele di amore di un uomo e una donna. (…) Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità, come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio (…) viene estromesso dalla coscienza pubblica» ( Dichiarazione congiunta, cit). «La famiglia – aveva già ribadito il Santo Padre – (è) fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale» (Papa Francesco, Discorso 19.7.2013). E ancora: «Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno» ( Discorso ai vescovi del Messico, 19.5.2014). In altra occasione aveva ribadito che la «complementarietà sta alla base del matrimonio e della famiglia» (Papa Francesco, Discorso alla Congregazione per la dottrina della fede, 17.11.2015), per cui «occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare insieme un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva (…). Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio» (Papa Francesco, Discorso alla Delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia, 11.4.2014). E, a proposito della teoria del gender che è sempre alle porte in modo strisciante, il Pontefice ha più volte ripetuto che «è uno sbaglio della mente umana », esprimendo anche il dubbio «se non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa» (Papa Francesco, Udienza generale, 15.4.2015). Non si comprende come queste affermazioni, tanto chiare di papa Francesco - e ribadite a più riprese dai vescovi - passino costantemente sotto silenzio, come se mai fossero state pronunciate o scritte. Le facciamo nostre una volta di più, perché - insieme con quelle che andremo ad approfondire in queste giornate di confronto fraterno - possano tradursi in impegno fattivo. Grazie, cari confratelli per la vostra benevola attenzione, mentre invochiamo la luce dello Spirito e affidiamo i nostri lavori alla Santa Vergine e a San Giuseppe. Cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della Cei A Roma l’Assemblea generale della Cei Dopo il discorso del Papa che lunedì ha aperto i lavori, ieri la relazione del cardinale Bagnasco (Siciliani)
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