lunedì 22 luglio 2013
La presidente del Brasile ad Avvenire: «Con Francesco una grande identità di vedute. Le sue azioni sono uno stimolo a coltivare una società fondata su fraternità e giustizia. (Stefania Falasca)
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​La presidente del Brasile Dilma Rousseff ha accolto ieri sera al palazzo Guanabara di Rio de Janeiro, sede del governatore dello Stato, papa Francesco. Nel breve discorso di benvenuto la presidente ha voluto esprimere l’apprezzamento e la sintonia con la semplicità propria del Pontefice. Una visita di cortesia nel corso della quale la presidente e il Papa hanno avuto un colloquio privato. In esclusiva per Avvenire Dilma Rousseff spiega cosa significa la visita del primo Papa latinoamericano nel suo Paese nell’orizzonte della particolare situazione politica e sociale che il Brasile sta attraversando.Presidente, cosa significa questa visita del Papa in occasione della Giornata mondiale della gioventù per il suo Paese?Considero un privilegio che il Brasile sia il primo Paese del mondo a ricevere la visita di papa Francesco. La Giornata mondiale della gioventù e la visita di Papa Francesco costituiscono un momento di grande fraternità, che certamente farà molto bene al Brasile come anche all’intera America Latina.Che impressione ha avuto dell’incontro con papa Francesco? Abbiamo avuto un incontro molto familiare, segnato dalla semplicità, dalla fraternità. Ho avuto impressione di un uomo che arriva in un momento giusto della storia e che segnerà molto la Chiesa cattolica nel futuro prossimo. Quali sono i gesti, gli aspetti o i pronunciamenti del suo magistero che ritiene più importanti?La volontà espressa da papa Francesco di farsi prossimo al popolo, il fatto di non seguire e di rompere i protocolli, sempre nella prospettiva di accogliere le persone, così anche il fatto che la sua prima uscita da Roma sia stata all’isola di Lampedusa, con tutto il significato di accoglienza agli esclusi che questa rappresenta: credo senza dubbio che questi siano i segni distintivi e caratterizzanti dell’inizio del suo pontificato.Nel breve saluto che lei gli ha rivolto pubblicamente ha voluto subito sottolineare la sua sintonia con l’attenzione mostrata da papa Francesco verso i temi sociali. Quali sono stati i punti salenti della conversazione privata che lei ha avuto con il Papa?Parlando abbiamo riscontrato una grande identità di vedute sui valori che papa Francesco proclama rispetto a quelli che cerchiamo di praticare nel nostro governo: la priorità agli esclusi, la lotta per superare le barriere che separano le persone. Ho coscienza dell’importanza di una partecipazione effettiva del nostro governo con la società civile per costruire una nazione fondata sui valori della fraternità e della giustizia. Nel nostro Paese la Chiesa cattolica detiene una prerogativa storica importante per lo sviluppo dell’azione sociale. Siamo uno stato laico, ma aperto a questa partecipazione che è svolta per il bene del nostro popolo. Papa Francesco colloca la Chiesa in questa prospettiva, e questo ci fa naturalmente prossimi e reciprocamente collaboratori. Il Papa ha molto insistito sulle tematiche della povertà e della solidarietà. Cosa significa questo per lei che è a capo di un Paese che conosce un grande avanzamento economico ma dove persistono ancora gravi disuguaglianze sociali?Realmente dopo tanti anni di lotta, abbiamo coscienza che molto è ancora fare. Abbiamo conseguito risultati importanti, come l’inclusione di più di 40 milioni di persone che sono uscite dalla soglia della miseria per una vita minimamente degna. Ma persistono problemi. E le ultime manifestazioni popolari mostrano che il nostro popolo desidera migliori servizi, migliore qualità della vita e un effettivo e profondo rinnovamento della cultura e della pratica politica in Brasile. Non si accetta più la corruzione come qualcosa di connaturale alla vita politica. Le parole e le azioni di Francesco sono uno stimolo affinché possiamo coltivare nella società questi valori e possiamo, di fatto, sviluppare un progetto di società che superi l’egoismo, le divisioni, i preconcetti che dividono le persone. Le vie che hanno dato visibilità e potenza al Paese sembrano adesso cedere il passo a una crisi sociale che è stata espressa dalle recenti manifestazioni. Quali strade bisogna intraprendere, e cosa è necessario cambiare?Le manifestazioni non sono la negazione del progetto che abbiamo intrapreso finora, bensì l’affermazione di quello su cui c’è ancora da lavorare. Le persone che conquistano diritti e riaffermano la loro dignità, sono capaci di desiderare di più. Oltre alle questioni di moralità nella vita pubblica dobbiamo offrire migliori condizioni di vita soprattutto nei grandi centri dove il problema della mobilità si è complicato enormemente proprio perché è cresciuto il numero di persone che consumano, lavorano, si spostano e studiano. La grande componente di queste manifestazioni è giovanile. Quali sono le urgenze maggiori di cui il governo si deve far carico nei confronti dei giovani nel contesto sociale brasiliano?I temi dell’educazione e dei trasporti urbani sono quelli che più toccano i giovani, così la violenza, soprattutto nelle grandi città. In queste manifestazioni, a differenza dell’Europa, i giovani non protestano principalmente per la mancanza d’impiego ma per migliorare lo stato dei servizi sociali: l’educazione, la qualità della cultura, i trasporti, la salute. Vale a dire che non lottano perché hanno perso dei diritti, come in Europa, ma perché vogliono conquistarne di nuovi, non ancora ottenuti in modo soddisfacente.La Chiesa ha espresso il suo appoggio alle manifestazioni. Come considera la sua azione a questo riguardo?Consideriamo naturale che la Chiesa abbia dato il suo appoggio alle manifestazioni, così come noi giudichiamo le manifestazioni come espressione della democrazia, della volontà di partecipazione del popolo e soprattutto della gioventù. È stato per questo che immediatamente abbiamo lanciato la proposta di una profonda ed effettiva riforma politica, preceduta da una consultazione che permetta una forte partecipazione dalla società in questo processo. Sappiamo che la Conferenza episcopale brasiliana appoggia questa partecipazione popolare nel processo di riforma politica.Il presidente dei vescovi brasiliani ha affermato che le manifestazioni devono far riflettere sull’urgenza e la necessità di un nuovo modello di sviluppo. Lei cosa ne pensa?Siamo d’accordo e speriamo che la Chiesa appoggi effettivamente un ampio processo di dibattito di tutta la società in questa prospettiva. Un nuovo modello di sviluppo deve essere il risultato di un ampio e democratico confronto che coinvolga tutta la società.Ci sono timori per la sicurezza del Papa e per lo svolgimento di questa Gmg?Per le regole internazionali la sicurezza di un capo di Stato in visita a un altro Paese è di responsabilità dello Stato che lo accoglie. Il fatto che il Papa sia allo stesso tempo pastore e capo di Stato crea ambiguità naturali. Il governo brasiliano offre tutte le garanzie di sicurezza che si devono a un capo di Stato. L’insegnamento di Francesco per una visita segnata dalla informalità e la dispensa di un determinato protocollo di sicurezza sono state rispettate dal governo brasiliano, che naturalmente condivide le sue preoccupazioni con la Santa Sede. Speriamo che tutto si svolga nel migliore dei modi. Teme che si approfitti della visita del Papa per compiere gesti eclatanti di contestazione alla politica del governo?Le manifestazioni politiche e sociali fanno parte della quotidianità della nostra vita democratica. Negli ultimi mesi abbiamo avuto grandi e importanti manifestazioni. È chiaro che ci possono essere infiltrazioni e radicalismi. È probabile che anche in questa settimana di permanenza del Papa a Rio de Janeiro ci saranno manifestazioni. Sono naturali e veglieremo che siano dentro un clima democratico e pacifico. La nostra vigilanza poi è particolarmente stretta sui trafficanti di droga di Rio, soprattutto l’organizzazione di Commando Vermelho. Lei ha invitato tutti i presidenti dei Paesi latinoamericani per un saluto a conclusione della visita del Papa. Perché ha preso questa iniziativa, e chi ha finora aderito al suo invito? Abbiamo invitato i presidenti dei Paesi del Sud America per partecipare alla Messa conclusiva, domenica prossima. È un gesto di fraternità, di rafforzamento dei nostri legami di amicizia, di volontà di condividere con tutto il popolo sudamericano questo momento particolare di celebrazione di speranza e di solidarietà. La presidente dell’Argentina ha già annunciato la sua presenza. Attendiamo la conferma degli altri presidenti nel corso della settimana.

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