mercoledì 6 marzo 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
​L'imminente Conclave coincide con un momento storico nella vita della Chiesa cattolica, che la spingerà con ancora più forza a proclamare con spirito missionario il Vangelo come la verità del mondo. Ne è convinto il giornalista e teologo statunitense George Weigel, che spiega come questa strada, già indicata da Giovanni Paolo II e tracciata da Benedetto XVI, sia l’unica via che il nuovo Papa potrà percorrere per contrastare la secolarizzazione e la sfiducia postmoderne. Per il biografo di Giovanni Paolo II («Testimone della speranza», «La fine e l’inizio»), che l’arcivescovo di Filadelfia Charles Chaput ha chiamato «il principale cronista dell’autentico rinnovamento cattolico», la geografia dunque non conterà nella scelta del nuovo Papa, bensì la sua vocazione all’evangelizzazione. Professor Weigel, quale pensa che siano le riforme più significative introdotte da Benedetto XVI durante i suoi quasi otto anni di pontificato?All’interno della Chiesa, penso che l’enfasi posta da Benedetto XVI sulla bellezza della liturgia, intesa come finestra sulla verità e sulla bontà che il cattolicesimo proclama, sia stato un passo in avanti importante nella riforma della liturgia. Ma Benedetto XVI è stato anche un grande predicatore, e le sue luminose omelie dovrebbero essere studiate a fondo da ogni diacono, prete e vescovo della Chiesa cattolica. È inoltre mia speranza che il suo approccio di riforma attraverso la continuità abbia messo fine una volta per tutte alle ormai vacue battaglie sulla corretta interpretazione del Concilio Vaticano II. Quanto alla visione del mondo di Benedetto XVI, i suoi discorsi a Ratisbona, Parigi, New York (alle Nazioni Unite) e a Berlino hanno steso uno sguardo chiaro e perspicace sulla democrazia e sul malcontento del XXI secolo, e hanno formulato l’idea fondamentale di «ecologia umana» che spiega come sia possibile formare società decorose e comunità politiche democratiche. Lei ha scritto recentemente che il pontificato di Benedetto XVI ha segnato la fine di un’era. Che cosa intende?Benedetto XVI ha messo fine all’era del cattolicesimo della Controriforma che aveva cominciato lentamente a chiudersi già quando papa Leone XIII aveva deciso di aprire la porta a un coinvolgimento critico della Chiesa nella modernità. Quella coraggiosa decisione ha messo in moto un processo di riforma della Chiesa che ha portato alla nascita di alcuni dei grandi movimenti cattolici del XX secolo: la teologia kerigmatica, il movimento liturgico, l’azione cattolica, il rinnovamento della filosofia cattolica, eccetera. Questi movimenti, a loro volta, hanno dato forma al Concilio Vaticano II, che, in base all’interpretazione autorevole datagli da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, ha chiarito che la Chiesa è una comunione di discepoli in missione. Questa nuova evangelizzazione, nella quale ogni cattolico deve comprendere che ha una vocazione missionaria, è il volto della Chiesa del XXI secolo e del terzo millennio. Il cattolicesimo evangelico è dunque sia il prodotto della dinamica della riforma che va da Leone XIII attraverso il Vaticano II e Benedetto XVI, sia una risposta all’aggressiva secolarizzazione del mondo occidentale contemporaneo, nel quale la fede non viene più sostenuta (come succedeva nel cattolicesimo della Controriforma) dalla cultura pubblica della società. Alla luce di questo bisogno di continuare le riforme avviate, quali dovrebbero essere a suo parere le priorità del prossimo Papa?Quella di essere un pastore evangelico e missionario la cui fede trasparente e carismatica inviti altri all’amicizia con Gesù Cristo, che è la risposta alla domanda alla radice di ogni vita umana. Questo tipo di Papa è la persona che la Chiesa e il mondo aspettano; e questo tipo di Papa può identificare attorno a sé abili collaboratori che trasformino la macchina amministrativa centrale della Chiesa in uno strumento della nuova evangelizzazione. Al di là di questo, direi che il prossimo Papa deve essere un uomo capace di costringere l’epoca postmoderna a rivedere le sue ciniche certezze; che sa difendere la libertà religiosa in pieno e per tutti; che sa incoraggiare le Chiese locali in rapida crescita nel Sud del mondo; e che sa continuare il lavoro iniziato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI nel proporre un’analisi critica della cultura politica occidentale del XXI secolo. Qual è l’obiettivo principale del «Cattolicesimo evangelico» (che dà il titolo al suo ultimo libro, appena uscito negli Stati Uniti), e perché crede che la Chiesa debba porlo al centro della sua vocazione?Molto semplicemente, l’obiettivo principale del cattolicesimo evangelico è convertire il mondo, e questa missione include riconvertire parti del mondo che erano già state convertite. Questo è fondamentale, ed è ciò che il Signore risorto ci ha ordinato di fare quando ha affidato ai discepoli la sua «grande commissione», la sua missione universale, come testimonia Matteo 28: 19-20. È davvero così semplice. E così difficile.Di che tipo di guida pensa che la Chiesa abbia bisogno, per contrastare le forze della secolarizzazione? Il nuovo Papa dovrebbe avere, prima di tutto, una matura fiducia nella sinfonia della verità cattolica e una capacità di manifestare queste verità sia nella sua personalità sia nelle sue parole. Le conversioni spesso avvengono per attrazione, che viene poi seguita dalla riflessione. Un Papa che dimostri la gioia e la fiducia di una vita vissuta da «questa parte», la parte cattolica della Pasqua sarebbe un leader magnetico in un mondo sempre più stanco del cinismo e dell’ironia. Crede dunque che dobbiamo guardare al prossimo Conclave come all’inizio di una nuova era per la Chiesa? Il rinnovamento della Chiesa è in corso e continuerà. La Chiesa è viva. Quello che la Chiesa sta cercando, io credo, è un Papa che dia alle componenti vitali della Chiesa ancora maggiore energia e che re-energizzi le componenti della Chiesa che hanno perso la speranza, soprattutto perché hanno perso la fede.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: