venerdì 25 maggio 2012
L’omaggio alla Scala: «Nella Nona di Beethoven un messaggio universale che supera gli steccati tra gli uomini». Parla il grande direttore d’orchestra che venerdì 1 giugno, dirigerà un concerto in onore del Pontefice. Sarà uno dei momenti clou dell’Incontro mondiale delle famiglie.
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A Daniel Barenboim non era mai capitato di dirigere davanti ad un Papa. «Benedetto XVI sarà il primo Pontefice per il quale farò musica», dice il direttore d’orchestra argentino. Capiterà venerdì 1 giugno a Milano quando per la prima volta Benedetto XVI entrerà alla Scala. Prima di lui, nel 1983, solo Giovanni Paolo II. Barenboim sarà sul podio per la Nona sinfonia in re minore di Ludwig van Beethoven. Un concerto che vedrà in platea, accanto al Pontefice, delegazioni di famiglie da tutto il mondo. «Mi sto preparando da tempo a quest’incontro con un personaggio unico, studiando e ristudiando la partitura», racconta il direttore. Che non nasconde l’emozione. «Tanto più che Ratzinger è anche un musicista - sorride -. Perché se è vero che ogni volta che dirigo o mi metto al pianoforte cerco sempre di dare il meglio, è pur vero che sapere che in platea c’è un ascoltatore competente, mi carica di una maggiore responsabilità».Perché, maestro Barenboim, per il Papa ha scelto la "Nona" di Beethoven?Quando mi è stato chiesto di dirigere per Benedetto XVI ho pensato che in quell’occasione sul palco dovesse essere riunita tutta la famiglia Scala e per questo mi sono orientato su una partitura che coinvolgesse non solo l’orchestra, ma anche il coro. L’arrivo del Papa alla Scala sarà un momento di festa. La Nona di Beethoven, che culmina nel celeberrimo Inno alla gioia, assume un significato di fratellanza universale: il messaggio che il compositore mette nell’ultima parte della sinfonia è rivolto a tutta l’umanità, così come sono rivolte a tutti gli uomini le parole che il Papa pronuncia instancabilmente. Anche per chi non è cristiano – come per me che sono ebreo – quella di Benedetto XVI è una figura di riferimento, un protagonista del nostro tempo con il quale confrontarsi. Oltre alla musica, cosa dirà al Papa?Non so ancora cosa prevede il protocollo. Certo, mi piacerebbe approfondire con lui una problematica che sta a cuore a entrambi, quella del dialogo tra i popoli. Benedetto XVI non si stanca mai di lanciare appelli a favore della pace e del dialogo, specie in Medioriente. Getta semi. Quello che cerco di fare io con la West Eastern Divan orchestra dove siedono fianco a fianco musicisti israeliani, palestinesi e arabi che, pur tra molte difficoltà, provano a dialogare attraverso la musica. Benedetto XVI sarà a Milano per il VII Incontro mondiale delle famiglie. Cosa rappresenta per lei la famiglia?Ho avuto la fortuna di avere due genitori che si sono sempre dedicati a me, intelligenti nel saper gestire un ragazzo difficile con un talento musicale da incanalare nella giusta direzione. Lo hanno saputo fare e grazie al loro lavoro sono quello che sono. Mia moglie è una pianista, Elena Bashkirova: una sicurezza in più, perché capisce quello che il mio lavoro richiede. Anche i nostri due figli sono musicisti: Michael è violinista e spesso suona con me, seduto tra i leggii delle orchestre che dirigo; David, invece, è manager di una band hip hop tedesca.Il suo lavoro la porta in tutto il mondo: come è considerata oggi la famiglia?Molti governi comprendono che va sostenuta attraverso adeguate politiche sociali. Mi colpisce sempre quando sono in America vedere come le famiglie, per le comunità di stranieri, siano una delle certezze su cui fare sempre affidamento: penso ai nuclei di coreani o di cinesi dove c’è ancora il ruolo centrale della madre come sostegno fondamentale per i figli. La mia esperienza mi fa dire che la famiglia può funzionare solo quando alla base ci sono vicinanza e sostegno reciproco tra genitori e figli.Che speranza la musica può dare oggi alle famiglie?Devo usare il condizionale: la musica potrebbe fare molto, potrebbe essere un sostegno allo spirito. Ma spesso non può farlo perché non è e non è stata adeguatamente sostenuta: in molti Paesi manca un’educazione musicale, è mancata negli anni passati così che i genitori di oggi non sono in grado di trasmettere un adeguato patrimonio culturale e spirituale ai loro figli. Nelle nostre scuole, come si imparano l’italiano e la matematica, si dovrebbe imparare anche la musica.
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