domenica 31 ottobre 2010
«Voi non potete e non dovete adattarvi a un amore ridotto a merce di scambio, da consumare senza rispetto per sé e per gli altri, incapace di castità e di purezza: questa non è libertà». È quanto ha affermato Benedetto XVI in una Piazza San Pietro gremita da 100 mila giovani dell'Azione Cattolica. Il cardinale Bagnasco: gli adulti hanno il dovere di esservi di esempio.
- Le domande dei giovani, le risposte del Pontefice
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Sì, è vero. Nella vita dell’uomo «c’è di più». Ieri, in Piazza San Pietro, il "segreto" per diventare grandi, «non solo di statura», è volato di bocca in bocca, di cuore in cuore, un po’ come i palloncini sospesi a mezz’aria in segno di festa. E alla fine, è stato il Papa a "svelarlo" ai 100mila presenti. «Diventare grandi significa amare». «Imparare l’arte del vero amore». Non «adattarsi a un amore ridotto a merce di scambio, da consumare senza rispetto per sé e per gli altri, incapace di castità e purezza». Insomma «il di più» è «essere ragazzi e giovanissimi che decidono di amare come Gesù». E quindi diventare grandi significa «trasformare la propria vita in un dono per gli altri».Così il motto del grande Incontro nazionale dei ragazzi e giovanissimi di Azione cattolica è diventato anche il fil rouge dei suoi contenuti. Tre domande per Benedetto XVI, rispettivamente da parte di un ragazzo dell’Acr, di una giovanissima e di un’educatrice. E tre risposte del Pontefice, che Avvenire pubblica integralmente. Risposte in cui il Papa ha fatto riferimento anche alla propria esperienza personale, ricordando ad esempio di quando da ragazzino era uno dei più piccoli di statura nella sua classe e aspirava a crescere «non solo nella misura», ma anche a fare cose grandi.Allora il piccolo Joseph Ratzinger non sapeva che il suo desiderio sarebbe stato esaudito. E adesso che conosce la strada verso la santità, la indica con affetto paterno ai 100mila assiepati nella piazza. Il colpo d’occhio è impressionante. Benedetto XVI si gode con gli occhi l’entusiasmo giovanile della folla che ha solcato a bordo della papamobile, prima di raggiungere il sagrato. E ora parla con il suo stile sorridente e pacato, ma acuto come sempre.Le tre domande corrispondono ai tre grandi problemi della sfida educativa. «Cosa significa diventare grandi?», gli chiede per primo il ragazzo dell’Acr. «Essere grandi – è la risposta del Papa – vuol dire amare tanto Gesù, ascoltarlo e parlare con Lui nella preghiera, incontrarlo nei Sacramenti, nella Santa Messa, nella Confessione». Ma soprattutto vuol dire «farlo conoscere agli altri» e comportarsi bene nella vita. Perché Gesù è «un amico grande che dà la sua grandezza anche a noi».La giovanissima, invece, gli chiede «che cosa significa amare fino in fondo» e come si può imparare a farlo. Benedetto XVI mette in guardia dal «molto "amore" proposto dai media e in internet». «Non è amore, ma è egoismo, chiusura – sottolinea il Papa –, vi dà l’illusione di un momento, ma non vi rende felici, non vi fa grandi, vi lega come una catena che soffoca i pensieri e i sentimenti più belli».Il vero amore, invece, «trova in Gesù la sua massima espressione». Infine la domanda dell’educatrice. »Cosa significa oggi essere educatori?». «Significa – risponde papa Ratzinger – vivere una gioia nel cuore e comunicarla a tutti. Offrire ragioni e traguardi per il camino della vita, offrire la bellezza della persona di Gesù e far innamorare di Lui». Un compito difficile, ma, come sottolinea il Pontefice, «la vostra presenza qui dice a tutti che è possibile educare. Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia, di non lasciare nessun ambiente privo di Gesù». Le parole del Papa giungono al termine di una mattinata punteggiata anche dagli interventi del cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, dell’assistente generale di Ac, monsignor Domenico Sigalini e del presidente nazionale Franco Miano. E poi tanta festa, canti, animazione, che sono proseguiti anche nel pomeriggio: a piazza del Popolo per i giovanissimi, in piazza di Siena per l’Acr. Un modo davvero bello per dire: «C’è di più».
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