mercoledì 20 luglio 2016
Il vescovo di Arezzo: restiture ai pellegrini l'arte di Piero della Francesca
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«Le nostre chiese non possono diventare musei. Sono prima di tutto luoghi che accolgono chiunque e anche i tesori d’arte devono parlare a ogni persona». Il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, l’arcivescovo Riccardo Fontana, ha un sogno: come pastore delle terre di Piero della Francesca, vorrebbe che nell’anno in cui si celebra il sesto centenario della nascita del genio del Rinascimento potesse essere «riaperta» ai fedeli e ai “pellegrini dello spirito” la Basilica con la massima testimonianza lasciata dall’artista. È la Basilica minore di San Francesco ad Arezzo che custodisce l’imponente ciclo di affreschi su Le Storie della Vera Croce.

Oggi la chiesa è quasi una pinacoteca, così come la concepisce l’impostazione data dal Ministero dei beni culturali che controlla gli accessi. Vi si entra pagando il biglietto a una società incaricata dal dicastero. Invece chi desidera pregare o assistere dalla navata a un’autentica catechesi attraverso l’arte – qual è l’opera ospitata nella grande cappella absidale e commissionata dalla famiglia Bacci – viene sottoposto a una sorta di “terzo grado”.

L’arcivescovo Fontana cita papa Francesco che lo scorso settembre aveva detto durante un’udienza generale: «Una Chiesa davvero secondo il Vangelo non può che avere la forma di una casa accogliente. Le chiese, le parrocchie con le porte chiuse non si devono chiamare chiese, si devono chiamare musei». «Ecco – spiega il presule – non possiamo consentire che sia limitato in maniera inaccettabile l’ingresso alla Basilica che tra l’altro ha una delle Porte Sante giubilari». Fontana alza lo sguardo verso gli affreschi del “monarca della pittura”, come lo chiamò il concittadino e matematico fra’ Luca Pacioli. «Questo gioiello – afferma l’arcivescovo – non va visto unicamente come uno dei maggiori cicli di pittura murale nell’Italia del Quattrocento e come pietra miliare della storia dell’arte. È essenzialmente un capolavoro di evangelizzazione: si parte dalla Genesi con la morte di Abramo, si fa riferimento ai profeti Geremia ed Ezechiele, si rappresenta l’Annunciazione e si esalta il Legno che salva. Fino a giungere al ritrovamento della Croce da parte di Elena, al sogno dell’imperatore Costantino e alla vittoria sempre di Costantino nella battaglia di Ponte Milvio mostrando la Croce. In queste scene ispirate alla Legenda Aurea del domenicano Jacopo da Varazze è racchiuso il mistero cristiano che ha al centro la morte di Cristo donato dal Padre all’umanità per riscattarne i peccati. Piero della Francesco ci narra per immagini anche gli interventi di Dio nella storia che, come ripete papa Francesco, non ci abbandona ed è sempre al nostro fianco con la sua infinita misericordia. Mi piace pensare che un cinese che giunge qui e che magari non sa parlare altra lingua che la sua possa ricevere attraverso Piero una prima presentazione del catechismo cattolico».

Però adesso non accade. «L’attuale convenzione voluta dal Ministero – sostiene Fontana – nega un diritto che chiediamo torni effettivo. Occorre che sia garantito l’accesso libero e incondizionato dei fedeli. Serve assicurare la fruibilità al culto della Basilica sia in forma pubblica, cioè per le celebrazioni, sia in forma privata». La diocesi ha disconosciuto la convenzione che, sottolinea Fontana, non era stata firmata dall’ordinario diocesano, il solo che, a norma del codice civile, poteva farlo quando si tratta di chiese destinate al culto. «Con il Ministero abbiamo concordato di istituire un tavolo di lavoro che spero si insedi al più presto. Siamo d’accordo che resti un biglietto per la cappella Bacci, ma la Basilica deve essere a disposizione di tutti».

Al fianco del presule sono scesi la Regione Toscana e il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, che in una nota auspicano «un sistema che permetta ai credenti di mantenere i dovuti spazi di preghiera, oggi ridotti, e ai visitatori di ammirare Le Storie della Vera Croce». Del resto, aggiunge l’arcivescovo, «la Basilica è un autentico santuario della Croce che ci dice come il Signore abbia preso su di sé le sofferenze di ogni uomo». In questa prospettiva Fontana ha voluto che la chiesa accogliesse dallo scorso 1° maggio il nuovo Centro di pastorale familiare che, chiarisce, «avrà un’attenzione specialissima alle storie matrimoniali piegate dalle sofferenze e dalle difficoltà». Una sfida che vede impegnati anche i Frati minori conventuali a cui è affidata la Basilica. «La loro presenza è già raddoppiata – annuncia il pastore –: sono in sei e hanno la particolare missione di accompagnare le famiglie fra speranze e preoccupazioni».

Comunque Piero della Francesca non è soltanto Arezzo. Sansepolcro – sua città natale – custodisce la celebre Risurrezione che, riferisce Fontana, è «una sorta di manifesto, di simbolo del maestro che ha espresso ai massimi livelli la visione antropologica del Rinascimento». Rinascimento che, riflette il presule, «affonda le sue radici nella spinta data dagli ordini mendicanti al riscatto della persona. È quell’idea di umanesimo cristiano chiamato ad affermare radicalmente la dignità di ogni persona come Figlio di Dio».

Altra tappa “pierfrancescana” è il borgo di Monterchi dove si trova la Madonna del Parto. Un affresco oggi confinato nell’ex scuola alle porte del paese dopo essere stato staccato per il restauro dalle pareti della chiesetta di Santa Maria a Momentana nel cimitero perso fra la campagna toscana. L’opera è stata al centro di una lunga battaglia (anche legale) che per più di vent’anni ha contrapposto la diocesi, l’amministrazione comunale e il Ministero. «Il domani dell’immagine mariana sarà segnato dal suo ritorno in una chiesa, simile a quella del cimitero per la quale Piero l’aveva creata e dove per secoli era stata invocata come “protettrice” dalle donne in attesa di un figlio», puntualizza Fontana. La sua nuova “casa” sarà la cappella del monastero di San Benedetto, di fronte alla scuola-museo, che diventerà l’“Oratorio della Madonna del Parto a favore delle gestanti e della comunità di Monterchi”. «La diocesi metterà a disposizione il complesso – conclude l’arcivescovo –. Il Ministero ha confermato che la soluzione è vicina. Occorre, però, che siano trovati i fondi per restaurare la struttura».

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