mercoledì 7 luglio 2010
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La Caritas in veritate? È un piccolo compendio che dovrà essere ancora spiegato e commentato a lungo ma che poggia su un fondamento ben chiaro: una «visione etica coerente» in grado di insegnare un metodo in tutti i campi, dalla pastorale alla bioetica, dalla politica all’economia. A indicare il «cuore» dell’enciclica di Benedetto XVI è monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Il messaggio del Papa, dice il presule, è articolato e complesso ma la chiave di volta è chiara: «Non c’è differenza nella lotta contro tutto quello che uccide la vita».Qual è l’intuizione fondamentale dell’enciclica?Penso che sia quella – che si è rivelata sempre più feconda – secondo cui l’etica migliora l’economia. Il Papa ci ricorda che le regole di natura etica rendono l’attività economica più capace di servire l’uomo e di garantire i piccoli, che altrimenti sarebbero schiacciati. Il Papa, secondo la visione antropologica cristiana, chiede che vi sia sempre il rispetto per il piccolo, che si tratti della vita nascente, della famiglia, del rapporto con l’ambiente e via via di tutti gli altri ambiti.Che «forma» prende questa intuizione?Ciò che colpisce nell’enciclica è l’intima coerenza logica, anzi ontologica, tra il rispetto del bimbo nel grembo della madre e il rispetto, ad esempio, del creato, del lavoratore immigrato, di tutto quello che Dio ha creato. Il Papa propone una visione etica coerente. Per cui, ad esempio, io mentre difendo il Molise dalle pale eoliche eccessive guardo anche con lo stesso rispetto e affetto la famiglia in difficoltà che ha un bimbo in più, il giovane senza lavoro o l’anziano che ha bisogno di strutture ospedaliere dignitose. Questo significa che c’è un’unità di fondo nella lotta contro tutto quello che uccide la vita.E questo cosa comporta nel concreto?Per la Chiesa porta a un impegno preciso a schierarsi contro chi uccide la dignità della terra con quella stessa profezia evangelica per la quale si condanna chi uccide la vita nel grembo materno. E questo deve avvenire a vari livelli nella difesa della vita.Una visione che si radica nell’idea dell’uomo come creatura. C’è ancora posto oggi per questo concetto?Penso che l’onda nera nel Golfo del Messico abbia mostrato tutta la fragilità dell’uomo, che si crede forte e autonomo ma non riesce a controllare le conseguenze delle proprie azioni. È necessario allora far comprendere prima di tutto ai giovani che l’essere creatura non è un limite ma una risorsa preziosa davanti alle nostre fragilità.Ciò che distingue il discorso del Papa in tutti gli ambiti è il richiamo alla verità. Possiamo parlare di un’«antropologia della verità»?Sì, Ratzinger, infatti, nel suo motto episcopale ha voluto mettere proprio il servizio alla verità. Ma non a una verità astratta, perché nella visione del Papa essa è relazionale, vitale, in dialogo.Questo vale anche per le culture, i popoli e le nazioni?Certamente, il Papa ricorda che il dialogo tra le persone presuppone quello tra le culture, che sono chiamate a integrarsi ma che devono avere anche spazi proporzionati di sviluppo sul piano economico. Ad esempio il cosiddetto federalismo fiscale deve radicarsi in una logica d’integrazione culturale. A legare temi apparentemente diversi è proprio quell’impianto di fondo antropologico ed etico proposto dal Papa.Quali gli strumenti più idonei, allora, per comprendere questa complessità?Il mio auspicio per il primo anniversario è che questo documento trovi sempre più dei bravi commentatori che vi dedichino tempo. La vastità e l’intreccio dei temi affrontati rende l’enciclica quasi un compendio che richiede adeguati strumenti di comprensione come indici tematici o letture analitiche. Occorrerebbe quindi una mediazione di natura strumentale per evidenziare l’unità interna dell’impianto fondante e i numerosi passaggi che potrebbero sfuggire a una lettura superficiale. Da un approccio più approfondito, invece, emergerebbe lentamente un metodo, pastorale, ma anche sociale e politico, fondato su una visione antropologica ben chiara.
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