sabato 27 aprile 2013
​La testimonianza del vescovo ausiliare di Buenos Aires Eduardo Horacio Garcia, nella seconda giornata dell'incontro di Rinnovamento nello Spirito in corso a Rimini. (Salvatore Mazza)
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Che succede quando qualcuno che conosci diventa Papa? E non una conoscenza «così», ma un uomo col quale hai condiviso «venti anni di amicizia, di paternità, di consiglio spirituale, di confessione». Ecco, quando qualcuno che conosci in questo modo diventa Papa, può succedere di pensare «di essermi addormentato, e di far parte di un sogno, o che qualcuno stesse proiettando un film». E invece no. È tutto vero. E allora può succedere che «scoppi a piangere».Monsignor Eduardo Horacio Garcia, in effetti, quel 13 marzo è scoppiato a piangere. E ancora ieri, davanti alle migliaia di persone della 36ª Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito, in corso a Rimini, quella commozione è tornata, coinvolgente, raccontando «da padre Bergoglio a papa Francesco», i cui gesti che tutti, da subito, hanno amato, «non sono un’invenzione del 13 marzo. Lui è, crede e vive come Papa – ha detto il vescovo ausiliare e pro-vicario della diocesi di Buenos Aires – quello che è stato, quello che ha creduto e ha vissuto come sacerdote e come vescovo. C’è una coerenza di vita che fa genuini tutti i suoi gesti, rinforzati adesso per la grazia dello Spirito Santo che gli ha regalato un’allegria manifesta, visibile e debordante».L’amico che parla dell’amico, del padre, del confessore che è diventato Papa. E nelle parole di Eduardo Horacio Garcia la risposta alla domanda che ha fatto da sfondo alla sua testimonianza, «Chi è papa Francesco?», è diventata il racconto di un sacerdote «che è proprio così come l’abbiamo visto e lo vediamo». Un uomo di fede, di «fede profonda, convinta». E, ricordando il primo gesto di Francesco dalla loggia delle benedizioni, di chiedere al popolo «la preghiera di intercessione perché lo Spirito Santo che lo unge come capo della Chiesa sia presente nella sua vita», ha osservato come «non si tratta di una formula pietosa», ma «è una convinzione». Perché, ha spiegato, «la scelta viene da Dio, ma la grazia della fedeltà, della fecondità, non proviene dai propri meriti ma dalla preghiera di intercessione del popolo di Dio; è una professione di fede nella comunione dei santi, nella forza della preghiera». E ciò in quanto «il popolo di Dio ha bisogno dei pastori, e il pastore ha bisogno del popolo perché gli sia di sostegno e lo confermi nella sua missione».Tutto questo, ha aggiunto Garcia, «ci parla di un altro argomento: la povertà di Francesco», della quale «molto in questi giorni s’è parlato». Certamente papa Bergoglio «è un uomo austero e povero, felicemente povero perché non è la povertà imposta, frutto soltanto di una ferrea disciplina ascetica. È la povertà di uno che sa, come la sorella di Lazzaro, che ha scelto la parte migliore, quella che non gli sarà mai tolta». E assolutamente povero, ha ancora aggiunto, «non è colui che non ha delle cose, ma chi le ha potute dare. Il cardinale Bergoglio non è un povero ideologico, è un povero che si sente amato e sa che per la sua missione ha bisogno soltanto di un cuore docile e generoso per potersi dare». Non è, insomma, «un uomo che non ha niente, è un uomo che dà». «Tutti noi che lo conosciamo – ha rilevato Garcia a questo riguardo, a conclusione della sua testimonianza – sappiamo che i regali che riceve, salvo alcune significative eccezioni, hanno data di scadenza perché, a breve o a lungo termine, saranno regalati. Sono ben accolti e ben dati».
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