mercoledì 20 agosto 2014

Ad Altavilla Milicia tra ex voto di ieri e di oggi.

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C'è un motivo antico e profondo che lega una grande città come Palermo con un piccolo borgo di mare affacciato su uno dei golfi più belli della costa tirrenica come Altavilla Milicia. Quel legame porta il nome della Vergine, nel nome della quale le due popolazioni nel lontano 1636 fecero fronte comune contro una pericolosa incursione di pirati. Quattro secoli di alleanze e di preghiere, che ogni anno portano sul Santuario posto su un’altura a picco sul mare centinaia di migliaia di fedeli da tutta la provincia. Una tradizione che ancora oggi si ripete e che tra qualche giorno vivrà i giorni cruciali di una devozione popolare e intensa, che condurrà in pellegrinaggio famiglie e anziani, gruppi parrocchiali e mamme con bambini, per recitare una corona di rosario sul belvedere, toccare l’antico quadro miracoloso, offrire un ringraziamento speciale per un dono ricevuto dall’alto.Il Santuario della Madonna della Milicia, primo santuario mariano della diocesi di Palermo, si conferma uno dei luoghi di pellegrinaggio più gettonati della Sicilia, specialmente tra la fine di agosto e la fine di settembre, in corrispondenza con la festa dell’8 settembre. «Cominciamo il 29 agosto con l’ottavario, ossia la celebrazione della messa e la recita del rosario all’esterno, a cui partecipano almeno mille persone  – racconta il rettore del Santuario e parroco, don Liborio Scordato –. Poi ci sono i festeggiamenti tra il 6 e l’8 settembre, col pellegrinaggio all’alba del 6 e la processione e il volo degli angeli nel pomeriggio dell’8 settembre. In questa occasione si tiene il discorso del cardinale arcivescovo Paolo Romeo alla cittadinanza. Durante le settimane di settembre abbiamo il culmine dei pellegrinaggi, con punte di 10 mila persone ogni domenica».Meta di tanta devozione è il quadro della Madonna col bambino e San Francesco del XIV secolo, di fattura toscana e probabilmente di scuola giottesca. Sull’arrivo di questa icona storia e leggenda si intrecciano, come spesso accade coi simboli religiosi venerati in Sicilia. Si narra che i pirati, dopo aver oltraggiato il quadro, lo buttarono in mare e la sacra immagine approdò alla foce del fiume Milicia. I milicioti la raccolsero con gioia, la posero su un carro trainato dai buoi che da soli la portarono in paese. Ma un documento del 15 luglio 1636 testimonia che una nave corsara, non riuscendo ad avanzare verso Palermo, approdò sulle coste della Milicia razziandone i territori ed oltraggiando la sacra immagine lì custodita. Alla notizia dello sbarco dei pirati i palermitani sospesero i festeggiamenti in onore di Santa Rosalia in città e accorsero in aiuto dei milicioti per cacciare i turchi. Tanto che al termine della processione, ancora oggi, la “vara” viene rivolta verso Palermo in segno di benedizione e protezione. Più realisticamente si pensa che il quadro sia arrivato ad Altavilla tramite scambi commerciali, attraverso cui giungevano in quell’epoca anche le opere d’arte. L’ipotesi più accreditata è che il marchese Francesco Maria Beccadelli di Bologna nella cappella annessa al suo palazzo abbia voluto collocare un’immagine di famiglia dove erano rappresentati i due santi protettori di cui portava il nome, Maria e Francesco. A testimonianza della devozione per la Madonna della Milicia ci sono 400 quadretti ex voto raccolti nel museo del santuario, che rappresentano uno spaccato della vita quotidiana dall’800 a oggi. A farci da guida tra “fotografie” pittoriche di incidenti sul lavoro, malattie, duelli rusticani e naufragi, ci sono due volontari del Santuario, Gaetano D’ugo e Maria Antonia Fricano. «All’inizio queste scene erano dipinte sulle lattine del tonno, poi sono passati ai quadretti» raccontano. E dalla fine del 1800 all’inizio del 1900, centinaia di disavventure familiari risoltesi positivamente diventano un viaggio nel tempo con nomi, cognomi e date. Da Giuseppe Arena che il 4 ottobre 1893 si trovò con una gamba incagliata in un gancio di un magazzino a Francesca Vitale che nel 1898 riuscì a sopravvivere a un parto difficile, a Isidoro Scafidi che nel 1905 venne schiacciato dal carretto, ma riuscì a essere tirato fuori. Uno dei casi più recenti è del 1983, quando il piccolo Francesco cadde dal balcone e rimase incolume. «Oggi è un bel ragazzone e sta benissimo» sorridono i volontari.
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