sabato 16 ottobre 2010
Da cattolici in politica per essere il volano capace di rimettere in moto il Paese «con un lavoro comune», come ha spiegato il rettore della Cattolica Ornaghi. Ma anche senza chiusure, come ha sottolineato . E guardando con originalità al futuro, secondo quanto detto dal presidente dello Ior, Gotti Tedeschi.il politologo Parsi.

- Compito chiaro oltre lo spaesamento di Domenico Delle Foglie
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E allora così sia. Passiamoci. Per lo Stretto che unisce o separa, dipende dall’occhio e dal cuore di chi lo scruta. Lo Stretto così ben disegnato più in basso e all’orizzonte, dal Centro Altafiumara, in un tramonto inquieto, luci e ombre e spicchi di cielo e brani di nuvole. Metafora della posta in gioco per i cattolici italiani e la loro vocazione a unire, non dividere; includere, non escludere.Un cattolicesimo che nelle prime due giornate reggine dimostra una gran voglia di pensare disarcionando vecchi cliché e ricercando soluzioni nuove. Creative. Fantasiose. Vere. Un cattolicesimo che dia un taglio netto con la mai sepolta tentazione di pensare a se stesso, al proprio tornaconto, alle proprie sacrestie sempre uguali a se stesse e magari un po’ narcise, per mettersi ancora una volta a disposizione di tutti e dare un contributo all’intero Paese. «Alleanze plurali» si lasciava scappare ieri un relatore introducendo una delle cinque assemblee tematiche, come se potesse mai esistere un’alleanza singolare… o forse sì, esiste, ed è quella di chi si dice disposto a collaborare con tutti sapendo invece che farà tutto da sé. Cose d’altri. Non dei cattolici consapevoli e veri.Lo Stretto, sempre inteso come metafora, rende «dubbiosi e disorientati, quasi spaesati» i cattolici italiani, esordiva ieri Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica. «Spaesati ­ proseguiva, come se si trovasse davvero sul ciglio dello Stretto ­ non apparteniamo pienamente e fiduciosamente al luogo in cui siamo e intendiamo restare; spaesati, temiamo che la nostra stessa identità sbiadisca e si smarrisca». Antichi dibattiti (identità opposta a mediazione) appaiono superati, incapaci di interpretare questa stagione. Questo è il tempo in cui non è pensabile semplicemente dare l’”assalto” alla politica conquistandola e gestendola, se la politica è quella «senza qualità» descritta sempre da Ornaghi, una politica «non più in grado di offrire risorse e dare strumenti per cambiare in meglio le condizioni della società».Lo Stretto non si varca né sbandierando boriosamente la propria identità cattolica (preziosa e utile, e per questo non riducibile a guscio vuoto e ad artificio retorico), né mettendola da parte, sottostimandola o negandola. C’è un modo “cattolico” di guardare ala realtà. Un modo originale, tipico, inconfondibile. Tanto da far dire a Ornaghi: «Senza una tale visione genuinamente cattolica, ogni pur rinnovata forma della nostra presenza pubblica e politico–partitica (trasversalmente ai partiti, o anche ­ in termini quantitativamente prevalenti ­ dentro un solo partito) diventerebbe una mera “parte” fra la pluralità delle parti, destinata, più che a “contare”, a essere contata».Cattolici nelle diverse formazioni politiche e sociali come gli ascari, le truppe coloniali liete di combattere per l’Impero accontentandosi di un ruolo del tutto residuale? Forse l’immagine è troppo severa. Ma non va assolutamente ignorato l’invito finale di Ornaghi: «Non ci servono dichiarazioni d’impegno retoriche o fughe in avanti. Occorre invece che cominciamo a muovere i primi, piccoli ma indispensabili passi. E che li muoviamo con un lavoro insieme. Un lavoro in comune con tutte quelle “parti” della società disponibili a perseguire un obiettivo ­ un “bene” autentico” più alto degli interessi frazionali».Lo Stretto è l’ostacolo minimo, eppure talvolta insormontabile, per il bene comune. Sull’identità, parola da “resettare” depurandola da troppi cascami ideologici passati, dice la sua anche Vittorio Emanuele Parsi, in sintonia con Ornaghi: «Dell’identità europea si perde di vista l’evidenza che, senza la “feriale fierezza” della propria identità, non solo si diventa incapaci di sincera apertura e ci si rinchiude in una sorta di Fortezza Bastiani dell’esistenza, ma si perde la possibilità di comunicare davvero con gli altri e si sostituisce l’empatia con il mimetismo».Soltanto cattolici dal profilo dolce e forte, miti e orgogliosi a un tempo, possono lanciare con serietà e responsabilità la sfida alta di chi non intende essere una parte tra altre parti, riducendosi a una minoranza grigia tra tante minoranze grigie, ma secondo storia e vocazione il volano capace di rimettere in modo il Paese, con chiunque ci stia. Cattolici capaci di guardare con originalità alla crisi ­ è l’invito ribadito da  Ettore Gotti Tedeschi ­ senza sposare alcun facile luogo comune sulla crisi.Ieri è stato il giorno dello Stretto, di cui prendere le misure. Il giorno della consapevolezza della posta in gioco. Che a Reggio siano presenti anche 300 giovani, molti dei quali provenienti dalla pastorale sociale e dal Progetto Policoro, quindi concreti e capaci di responsabilità, gente che lavora e non è cooptata, fa ben sperare.
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