giovedì 10 aprile 2014
Negli Istituti teologici corsi su Chiesa e ’ndrangheta. «Lo scopo dell'impegno politico sia il bene comune»
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Serve un «cammino educativo» che coinvolga i ragazzi fin dai primi an­ni di vita, incentrato sulla frontiera della «legalità». È indispensabile per una cre­scita «autenticamente umana», oltre che ci­vile e sociale, della Calabria e per acquisire «vera libertà». È quanto affermato in una di­chiarazione della Conferenza episcopale ca­labra, che si è riunita lunedì a martedì scor­so a Catanzaro e che al problema della cri­minalità nella regione ha dedicato una par­te importante dei lavori presieduti dall’ar­civescovo di Cosenza-Bisgnano Salvatore Nunnari. Sul versante della formazione i pre­suli hanno tra l’altro deciso che negli Istitu­ti teologici calabresi venga introdotto un corso sul tema «Chiesa - ’ndrangheta».  La dichiarazione richiama inoltre il «pun­to di svolta» delle Chiese di Calabria nella condanna al crimine organizzato, quasi 40 anni fa, nel 1975, quando fu pubblicato il primo documento collegiale sul problema. Allora i vescovi levarono la voce contro il «doloroso e triste fenomeno della mafia», definendola «disonorante piaga della so­cietà ». Il documento è stato via via ripreso – sia da interventi di singoli pastori, sia col­legialmente – giungendo a condannare il fe­nomeno del crimine organizzato come un «cancro esiziale e sovrastruttura parassita­ria, che rode la nostra compagine sociale, succhia con i taglieggiamenti il frutto del­l’onesto lavoro, dissolve i gangli della vita civile». Tutto ciò fino alla forte denuncia del 2007 che era insieme un appello: «Conver­titevi! Uomini della ’ndrangheta. Se non vi convertirete, perirete tutti di fronte al giu­dizio di Dio!». Quel grido è stato ripetuto in numerose sedi e modalità. Dopo il loro ul­timo incontro a Catanzaro i vescovi hanno ricordato a tutti i calabresi che la «fuga da ogni omertà» e la «denuncia» sono un do­vere, assieme al pregare perché i «cuori di pietra» si trasformino in «cuori di carne». E gli stessi vescovi si riservano di approfon­dire prossimamente in una sessione straor­dinaria di lavoro il tema dell’azione pasto­rale contro la ’ndrangheta. Nella dichiarazione diffusa ieri è stato quin­di sottolineato «il valore di una politica che prenda davvero a cuore, ed esclusivamen­te, la lotta per il bene comune», con un in­vito ad impegnarsi in tal senso rivolto ai lai­ci cristiani. Questo perché «solo uno stile nuovo... che aiuti la politica a prendere de­cisioni che tocchino in concreto la vita del­la gente, ne aiutino lo sviluppo, ne tutelino i diritti, ne facilitino la crescita» può aprire una stagione nuova nella storia della regio­ne, «attesa in fondo e mai realizzata, fin dai tempi successivi alla realizzazione dell’U­nità d’Italia».Infine sul problema della pedofilia e degli abusi sessuali – «che ha interessato pur­troppo, alcune volte, anche qualche eccle­siastico delle nostre Chiese» – i vescovi, ri­prendendo le Linee guida della Cei, confer­mano il massimo impegno e severità, «nel­la più doverosa trasparenza con le Istituzio­ni dello Stato». Ricordando poi ai responsa­bili della comunicazione che «accanto al do­vere della denuncia di qualsiasi misfatto» c’è anche quello della «serietà di tali de­nunce », che «non possono né devono ri­spondere ad altre esigenze, che non siano il rispetto della verità dei fatti accertati e la di­gnità di ogni persona». 
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