venerdì 19 luglio 2013
In viaggio lungo il grande fiume dell’Amazzonia. Il parroco in barca per raggiungere i suoi fedeli. Le sette realtà si sono tassate per comprare al sacerdote una lancia con cui ora riesce a raggiungerle almeno una volta alla settimana. «Prima del mio arrivo alcune di esse non ricevevano la visita di un prete da oltre cinque anni».
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Visto dall’alto in questo periodo dell’anno il Rio delle Amazzoni a Manaus è un’enorme distesa d’acqua che s’infiltra tra gli alberi creando insenature e bracci secondari dai bordi frastagliati, sommergendo tutto quello che osa affacciarsi lungo il suo percorso. Venti metri: a tanto può arrivare il dislivello tra il livello massimo di questa stagione e quello minimo che verrà lentamente raggiunto tra circa sei mesi. Per i riberinhos è sempre un’incognita, perché non sanno se le loro case verranno risparmiate dalla crescita delle acque oppure se saranno costretti a trovarsi un’altra sistemazione in attesa che il fiume restituisca loro tutto quello che posseggono. Eppure, nonostante l’incertezza e le innumerevoli difficoltà cui vanno incontro coloro che vivono lungo il Rio, in molti a Manaus li invidiano: nello stile di vita dei riberinhos, infatti, vedono un modello di serenità e di libertà. Una convinzione comprensibile, perché per i manoara (gli abitanti di Manaus) il fiume è un amico, una presenza positiva che regola i cicli dell’esistenza e supplisce alla mancanza di stagioni del clima equatoriale, oltre a costituire una delle principali vie di comunicazione.Ma per la Chiesa locale quella del fiume può essere una vera e propria pastorale, con sfide e urgenze tutte sue, molto diverse da quelle sperimentate da chi vive in città. Sfide che spesso vengono vissute in chiave missionaria. I ragazzi di Treviso ospiti in questi giorni delle famiglie dell’area missionaria di Santa Helena prima di recarsi a Rio de Janeiro per la Gmg, hanno potuto toccare con mano il lavoro di chi si prende cura di queste comunità. Attraversata la città, lasciato alle spalle il grande distretto industriale – fiorente grazie alla zona franca creata per sostenere l’economia di questo territorio – e percorrendo una strada che segue la riva del fiume, i trevigiani sono arrivati alla parrocchia di Nostra Signora Madre dei poveri a Puraquequara. Ad accoglierli c’era don Marco Antonio Cardoso da Silva, per tutti padre Marquinho, sacerdote amazonense di 36 anni, da quattro parroco in questa estrema periferia est di Manaus. Assieme a don Cairo Gana padre Marquinho ha la responsabilità di 17 piccole comunità, che insieme formano la parrocchia. Ogni comunità è un mondo a sé, ha una propria chiesa e vive in modo autonomo. Quelle che richiedono più attenzione sono proprio le sette comunità riberinhe della parrocchia: «Sono piccoli nuclei di famiglie che vivono sulle rive del fiume – racconta il parroco – e che condividono alcune precise priorità sociali e pastorali. Ogni sabato, assieme a un gruppo di fedeli, partiamo la mattina presto e visitiamo una di queste comunità. Dopo il nostro arrivo e il caffè – prosegue padre Marquinho – si riuniscono i gruppi di giovani e di adulti. Infine celebriamo la Messa. Quando non passiamo noi le comunità tengono la domenica una celebrazione della Parola, ma non ricevono l’Eucaristia perché non ci sono ministri straordinari che la possano amministrare». Ogni comunità riceve la visita del sacerdote e degli altri operatori della parrocchia una volta al mese: «Le mie comunità ora sono contente perché ci siamo presi l’impegno di visitarle il più possibile, ma, prima che arrivassi io, alcuni di questi villaggi non vedevano un sacerdote anche da cinque anni». Per i riberinhos la presenza del parroco il sabato è così importante che tutte e sette le comunità si sono riunite per comprare una lancia, una piccola barca per permettere ai sacerdoti di raggiungerli: il villaggio più vicino infatti dista mezz’ora di barca dal centro della parrocchia, le più lontane due ore. Nessuna è raggiungibile con altri mezzi. Così, per comprare l’imbarcazione hanno dovuto spendere 25mila real, poco meno di diecimila euro, una cifra che per la loro economia è notevole. «Qui ci sostentiamo di pesca o allevando alcuni animali – racconta Elisabetta, che ha accolto il gruppo di Treviso arrivato proprio grazie alla lancia del parroco nella sua comunità, la cui chiesa è dedicata all’Assunta –. Io vivo in questo villaggio da 32 anni».Le sfide sono tante per queste famiglie isolate: «L’istruzione, la salute, l’elettricità e le case sono i temi che hanno bisogno di maggiore attenzione», nota don Marquinho. Esistono dei piccoli ambulatori dove, ad esempio, vengono effettuati i vaccini, ma per le cure più complesse bisogna andare in città. Quando i giovani trevigiani arrivano nella comunità di Nostra Signora dell’Assunzione tre piccole bimbe stanno facendo i test per la malaria; purtroppo una di loro ha contratto la malattia.La vita non è comoda da queste parti: per i bambini gli insegnanti arrivano da Manaus, i giovani vanno a studiare in città e difficilmente tornano a vivere sul fiume. L’elettricità è prodotta da motori a benzina. Non di rado l’esercito effettua esercitazioni in zona, chiudendo passaggi sul fiume o costringendo le persone di fatto a rimanere chiuse in casa perché impaurite. Le autorità tentano in tutti i modi di spingere i riberinhos ad andarsene. Eppure i pellegrini di Treviso vengono accolti come gente di famiglia, cui offrire da mangiare e da bere. «Quando vengo qui con gli abitanti della città, questi rimangono stupiti – racconta ancora il parroco – e comprendono il valore della missione, che per queste comunità significa speranza». Ancora una volta l’Amazzonia sta offrendo ai pellegrini della Gmg un esempio di fede pienamente incarnata nella vita quotidiana.
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