martedì 17 luglio 2018
Ci sono macchie di sangue che non sarebbero compatibili con la postura di un uomo crocifisso. Parla Di Lazzaro: i limiti del test stanno nelle condizioni in cui è stato svolto
La Sindone (Foto Ansa)

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Un po’ poco per sostenere una tesi tanto impegnativa. È il clima dei commenti che si registrano tra gli studiosi della Sindone, in reazione alla notizia di ieri secondo la quale alcune delle macchie di sangue presenti sul telo conservato a Torino non sarebbero “compatibili” con la posizione assunta da un uomo crocifisso.

La notizia è comparsa sul Journal of Forensic Sciences e si riferisce all’esperimento che i chimici Borrini e Garlaschelli compirono nel 2014, simulando la colatura di sangue dalle braccia di un uomo “crocifisso” e studiando le posizioni di ricaduta del sangue stesso. La colatura simile a quella del sangue sulla Sindone si otterrebbe solo, secondo questi esperimenti, con una posizione delle braccia quasi verticale. «È un esperimento interessante, ma forse è un po’ esagerata l’enfasi con cui i media arrivano alle conclusioni».

Il professor Paolo Di Lazzaro, dell’Enea, è il vicepresidente del Centro internazionale di sindonologia e ha seguito la vicenda fin dall’inizio, dall’esperimento del 2014. I limiti principali, osserva Di Lazzaro, riguardano le condizioni del test. Si è lavorato con sangue scoagulato, senza però considerare il contesto reale della crocifissione: quello di un uomo che non beveva da quasi due giorni, la cui pelle era sporca, sudata, quasi impregnata di polvere e terriccio.

E ancora: in un esperimento del genere è quasi impossibile tenere conto degli spasmi del moribondo e degli effetti che essi hanno sulla tensione della pelle. Insomma: una prospettiva di ricerca che magari merita di essere approfondita ma che, per dare risultati credibili, ha bisogno di un contesto scientifico più ampio e sicuro.

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