sabato 6 luglio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Pochi giorni fa il Comune di Milano ha intitolato a Giuseppe Lazzati il giardino antistante l’istituto Leone XIII, da lui frequentato da studente. C’era in questo provvedimento il riconoscimento anche delle istituzioni pubbliche «a un laico cristiano, fedele e libero, fornito di uno straordinario carisma di educatore di coscienze giovanili», come avrebbe dichiarato il cardinale Martini in occasione dei funerali del professore, sintetizzando i diversi passaggi della sua vita: presidente dei giovani cattolici ambrosiani negli anni di Schuster, ufficiale degli alpini deportato in un lager tedesco, consigliere comunale di Milano, deputato Dc alla Costituente, docente universitario di letteratura cristiana, direttore dei quotidiano L’Italia, chiamato da Montini, rettore negli anni della contestazione e poi fino al 1983 dell’Università Cattolica, fondatore dell’istituto secolare "Milites Christi".
In tutti questi passaggi, il professore non si è mai stancato di richiamare i laici a essere fedeli alla loro specifica vocazione e a pensare quindi politicamente «per costruire la città dell’uomo a misura dell’uomo». Aveva iniziato a sollecitare i laici in questa direzione dopo l’esperienza del lager – dove aveva promosso momenti di preghiera e incontri su temi religiosi e politici – in un volumetto, Il fondamento di ogni ricostruzione (le definisce pagine «pensate scritte e dette in campo di concentramento che non si propongono di condurre alla fede, ma di rendere cosciente la fede e la visione di fede nella vita»). Per Lazzati la chiamata alla santità, che dovrebbe essere obiettivo di ogni cristiano, doveva avvenire «non nonostante, ma attraverso l’attività di ogni giorno», con una testimonianza continua e quotidiana che avrebbe trovato corrispondenza nella Lumen gentium, per la quale «è dei laici cercare il regno di Dio trattando e ordinando secondo Dio le cose temporali».
Di qui l’intensa spiritualità, animata da incessante preghiera e riflessione continua sulla Parola di Dio, che caratterizza la vita di Lazzati, laico fedele in una Chiesa che, nonostante smagliature, “sporcizie”, contestazioni (anche delle scelte da lui compiute) egli amava in modo particolare nella comune professione di fede. «Non vi accada mai di sentirla estranea e di sentirvi a lei estranei», avrebbe scritto nel suo testamento spirituale. A un giovane, indisciplinato cronista de L'Italia ripeteva spesso un’affermazione di uno dei suoi amati padri della Chiesa: «Serva ordinem et ordo servabit te». Dietro queste parole c’era non solo la sua testimonianza concreta di tutta una vita, ma anche il richiamo, talvolta austero, che ciò che conta per ogni cristiano, quale sia la sua professione, «è costruire la giustizia, rinnovare il mondo e poi andare in Paradiso».
Il processo di beatificazione avviato dalla diocesi di Milano compie ora un passo ulteriore. Il “servo di Dio” Giuseppe Lazzati diventa venerabile, essendo stata riconosciuta, da parte della Chiesa, l’eroicità delle sue virtù. Diventa quindi un esempio per l’intera comunità cristiana. Tra le dichiarazioni di ieri, anche quella dell’attuale rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli, che ha voluto ricordare il «maestro per molte generazioni di studenti ed educatori, il servo di Dio che seppe guidare con umanità e raffinata intelligenza il nostro Ateneo nel corso di anni difficili e nello stesso tempo fecondi».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: