sabato 14 giugno 2014
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“Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono” (Os 4,2-3). Sembra scritta per i nostri tempi questa tremenda pagina di Osea. Raccoglie tante nostre dolorose analisi e ben descrive lo smarrimento che vivono molti territori inquinati in Italia e nel mondo. Se infatti viene spezzata l’armonia creata dall’alleanza con Dio, si spezza anche l’armonia con la terra che langue, si diventa nemici versando sangue su sangue e il nostro cuore si chiude in paura reciproca, con falsità e violenza. L’alleanza resta così la categoria fondamentale della nostra fede, come ci insegna tutto il cammino della Bibbia: la fedeltà a Dio garantisce la reciproca fraternità e si fa ancora più dolce la bellezza del creato, in luminosa armonia con tutti gli esseri viventi.  È quel giardino in cui Dio ha collocato l’uomo, fin dall’inizio, perché lo custodisse e lo lavorasse. Scrive papa Francesco: “Come esseri umani, non siamo meri beneficiari, ma custodi delle altre creature. Mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha tanto strettamente uniti al mondo che ci circonda che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione! Non lasciamo che al nostro passaggio rimangano segni di distruzione e di morte che colpiscono la nostra vita e le future generazioni” (Evangelii gaudium 215). Il giardino violato In particolare, oggi possiamo rilevare alcune aree critiche dove il degrado è particolarmente evidente, dove questa rottura dell’alleanza primitiva diventa devastante. Anzi, spesso il degrado esterno manifesta la corruzione interiore del cuore e dei valori fondativi della vita.  1. In primo luogo, viviamo con terrore l’inquinamento, che in vaste aree del pianeta si fa sempre più pervasivo. Non sempre le attività produttive sono condotte con il dovuto rispetto del territorio circostante. La sete del profitto, infatti, spinge a violare tale armonia, fino alla diffusione nell’ambiente di veri e propri veleni. Con situazioni estreme, che diventano purtroppo fonte di tumori. Non sempre ci accorgiamo subito di questa violenza contro il territorio. Anzi, spesso è mistificata ed altre volte viene addirittura giustificata. Di fatto, la consapevolezza davanti a questi comportamenti criminali richiede tempi lunghi. Matura sempre lentamente, spesso solo tramite la dedizione, eroica, di chi, facendo il proprio lavoro con serietà, è come se si immolasse per creare tra la gente una adeguata coscienza della gravità del problema. 2. Pure molto gravi sono le conseguenze disastrose determinate da eventi meteorologici estremi. In questi ultimi mesi, per le inattese bombe d’acqua, si registrano anche morti, oltre a distruzioni immani di case, fabbriche e strade. Tutto un territorio è messo in ginocchio. E spesso le città colpite restano sole o avvolte da una solidarietà solo emotiva, superficiale. La cosa più grave è la carente consapevolezza da parte della comunità civile nazionale circa le vere cause che a monte determinano questi tristi eventi! Restiamo sì addolorati, ma poco riflettiamo ed ancor meno siamo disposti a cambiare, per mettere in discussione il nostro stile di vita! 3. Un terzo fattore di gravità è rappresentato dalla mancanza di una vera cultura preventiva davanti ai tanti disastri sociali e meteorologici. È l’aspetto culturale del problema, di certo l’aspetto più preoccupante, perché completa il quadro globale della violazione del giardino di Dio: “Siamo infatti tutti chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo” (Evangelii gaudium 215) Impegni conseguenti Oggi, la coscienza ecologica è in consolante crescita, ovunque. Anche con dolorose contrapposizioni tra ambiente e lavoro. Specie nelle città industriali. Certo, proprio questa accresciuta consapevolezza del dono ricevuto da Dio ci spinge a garantire un ambiente sostenibile, per noi e per i nostri figli, nella gioia di godere della bellezza del giardino. Con una parola chiave: custodire.  Il papa ci ha incoraggiati, fin da subito. Nella sua omelia del 19 marzo 2013, data d’inizio del suo ministero petrino, ci ha esortato: “La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani perché ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo”. Per questo, anche in vista del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015 attorno al nuovo umanesimo basato su Cristo, ci permettiamo di suggerire alle nostre Chiese italiane questi impegni conseguenti: la coscienza di un impegno culturale; la denuncia davanti ai disastri; la rete di speranza nel futuro. 1. La priorità dell’impegno culturale. La custodia della terra ci chiede di amarla, vigilando con matura consapevolezza. La terra ci appartiene. Tutti siamo chiamati a questo compito che si fa premura già nelle scuole accrescendo la coscienza ecologica viva tra i giovani. Si tratta di concretizzare quella “conversione ecologica” che ci porta a ritrovare il gusto per la bellezza della terra e lo stupore davanti alle sue meraviglie. Ma da qui, anche la capacità critica per cogliere le ingiustizie presenti in un modello di sviluppo che non rispetta l’ambiente. Abbiamo cioè bisogno di un’economia capace di generare lavoro senza violare la terra, valorizzandola piuttosto come ricchezza produttiva e come crescita sociale. Si pensi alla interconnessione tra rispetto dell’ambiente, agricoltura, turismo e benessere sociale. Solo insieme si cresce. Solo insieme saremo competitivi, proprio perché rispettosi della tipicità con cui Dio ha costruito l’armonia dei colori, delle lingue, delle culture e dei volti. La catechesi può lavorare molto nel cuore dei ragazzi portandoli alla bellezza della preghiera in una liturgia armoniosa con il creato, nella gioia del rendere grazie e benedire il Signore, già in famiglia, davanti alla tavola preparata. Del resto arte e catechesi sono sempre state in stretta alleanza con la liturgia per quel gusto della bellezza che diventa la prima coscienza contro ogni inquinamento e quell’energia vitale che ci permette di ricostruire i territori violati dai disastri ambientali. 2. La denuncia davanti ai disastri ecologici. Ma la custodia del creato è fatta anche di una chiara denuncia nei confronti di chi viola quest’armonia del creato. È una denuncia che spesso parte da persone che si fanno sentinelle dell’intero territorio, talvolta pagando di persona. Siamo loro profondamente grati, perché ci hanno insegnato un metodo: ci vuole sempre qualcuno che, come sentinella, coglie per primo i problemi e rende consapevole tutta la comunità della gravità della situazione. Specie davanti ai rifiuti. Chi ha tristemente inquinato, deve consapevolmente pagare riparando il male compiuto. In particolare va bloccata la criminalità che ha speculato sui rifiuti, seppellendoli e creando occasione di morte, distruggendo la salubrità dell’ambiente. Ma anche le nostre piccole violazioni quotidiane vanno segnalate, quando siamo poco rispettosi delle regole ecologiche... 3. La rete di speranza. Siamo chiamati a fare rete lasciandoci coinvolgere in forme di collaborazione con la società civile e le istituzioni. Va maturata insieme una rinnovata etica civile. Per questo è preziosa la dimensione ecumenica con cui è vissuta la giornata della custodia del creato. È importante che nessuno resti spettatore, ma tutti attori, vigilando con amore, pregando intensamente lo Spirito di Dio, che rinnova la faccia della terra e accrescendo la cultura ecologica. Matureremo così una vera cultura preventiva, trovando la forza per riparare le ferite in modo fecondo. Solo così, tramite questa rete, potremo andare alle radici profonde dei disastri sociali ed ecologici, superando la superficiale emozione del momento. Tanti nostri stili di vita vanno cambiati, per assumere la sobrietà come risposta autentica all’inquinamento e alla distruzione del creato. Del resto, una terra custodita è la prima fonte di lavoro per i giovani! Siamo in un tempo di crescente consapevolezza ecologica. I giovani poi ne sono sentinelle vigili ed efficaci. Con loro e con lo sguardo negli occhi dei nostri bambini possiamo ancora sperare a spazi di armonia, di vita buona e di benedizione leggendo insieme un altro testo di Osea: “E avverrà in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo e all’olio e questi risponderanno a Dio” (Os 2, 23-24). Roma, 15 giugno 2014 Solennità della SS. Trinità LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, LA GIUSTIZIA E LA PACE LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO
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