giovedì 19 giugno 2014
​Il vescovo di Cassano all’Jonio parla dell’attesa della sua diocesi per la visita di Bergoglio, sabato. «Tra le realtà che incontrerà vi saranno anche quelle carceraria e ospedaliera». (Mimmo Muolo)
Il programma della visita
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Dalle periferie alla prima fila. I poveri, gli ammalati, gli ultimi in generale. Saranno loro i principali protagonisti della visita del Papa a Cassano all’Jonio, la quarta in Italia dopo Lampedusa, Cagliari e Assisi. Una visita che, a 48 ore dall’arrivo di Francesco in terra calabrese, il vescovo della diocesi ospitante e segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, definisce «non un modello, ma una modalità». Qual è, dunque, la sua fisionomia precisa? Dico che è una modalità, perché è ormai evidente che il Santo Padre compie visite pastorali e non di Stato. Egli perciò indica non solo alla Chiesa cassanese, ma anche a tutta la Chiesa italiana, quali sono le priorità da affrontare. Che emergono del resto anche dalle modalità con le quali si svolgerà la sua visita. Sempre a proposito di modalità, lei nei giorni scorsi ha detto che le prime file erano già «vendute». Ci può spiegare il senso autentico di questa affermazione? Quando dicevo che le prime file della visita sono già «vendute» ai poveri, agli ammalati, agli ultimi, non mi riferivo solo alle prime file del luogo in cui il Santo Padre celebrerà la Messa (ovviamente anche a quelle, entro i limiti di capienza), ma mi riferivo alla considerazione del Papa e all’impostazione della visita. Che ripeto, non è una visita di Stato. Invece qualcuno ha visto in queste parole, quasi una polemica presa di distanza dalla politica. Ma è proprio così? Niente di più errato. Abbiamo messo a disposizione della prefettura 400 pass che saranno loro stessi a gestire. Da parte mia e di tutta la diocesi c’è massimo rispetto nei confronti delle istituzioni e di quei politici (e posso assicurare che sono tanti) che si spendono per la cosa pubblica e il bene comune. Come è chiaro che non si può non esprimere disappunto per chi non fa questo tipo di lavoro. Tuttavia ribadisco che quella del Papa è una visita pastorale e questo cambia anche le priorità. Si riferisce ai luoghi e agli incontri che il Papa avrà nel corso della sua permanenza a Cassano? Certo. E innanzitutto vorrei ricordare il carcere. Ma con una precisazione. Questo momento non sarà solo per i detenuti, ai quali in tutte le mie visite in carcere ho sempre detto che non devono considerarsi vittime di niente, perché anzi ci sono vittime ben precise del loro operato. Per cui se da una parte la Chiesa deve avere attenzione per la situazione di disagio e di sradicamento affettivo che essi vivono, bisogna nello stesso tempo avere a cuore coloro che hanno subito danni a causa del loro comportamento. Per questo il Papa abbraccerà con la sua presenza non solo i detenuti ma il personale di servizio che spesso lavora in situazioni difficili e talvolta pericolose. E con la sua tenerezza paterna sarà idealmente accanto a tutte le vittime. E dopo i detenuti gli ammalati. Sì, in particolare gli ammalati terminali, perché sono coloro che non vanno lasciati morire, ma devono essere accompagnati con la competenza medica e la vicinanza umana. Il gesto del Papa vuole testimoniare la carità l’attenzione e, ripeto, la tenerezza con la quale la Chiesa guarda a queste persone, insieme alla gratitudine per quello che hanno saputo vivere e lasciare ai loro familiari e a tutti noi. C’è poi l’incontro con i sacerdoti. Come si inserisce questo momento nel contesto generale? Il Papa incontrerà i sacerdoti perché in definitiva, sul territorio, chi è vicino agli ultimi sono loro. Questo momento servirà da una parte come incoraggiamento del Papa nei confronti del loro impegno, dall’altro farà conoscere al Pontefice le difficoltà nelle quali essi operano. Inoltre ho voluto che vi partecipassero anche i miei tre predecessori (Andrea Mugione, Domenico Graziani e Vincenzo Bertolone, ndr) e il vescovo della mia diocesi di origine (Felice Di Molfetta, ndr) con un preciso significato.Quale? Da un lato ho voluto ricordare, innanzitutto a me stesso, che il vescovo non è uno che arriva in un posto e con lui comincia la storia. Ogni vescovo viene mandato a una Chiesa, viene accolto e si deve inserire con rispetto nella storia di quella Chiesa. Questa scelta è tra l’altro in continuità con la lettera che il Papa ha scritto alla nostra diocesi, dove si dice che il vescovo non è il padrone delle persone. Invece, con la presenza di monsignor Di Molfetta ho inteso sottolineare che le Chiese non sono realtà separate ma si fanno doni reciproci attraverso i sacerdoti e attraverso lo scambio di valori e tradizioni. In definitiva, le visite del Papa in Italia hanno messo in luce le periferie. Che tipo di periferia è Cassano e più in generale  la Calabria? Una periferia che assomma in sé luci e ombre. Le luci della Calabria le conosciamo: un territorio molto bello e una Chiesa che non è di retroguardia, ma può contare sulla presenza di laici in gamba e di sacerdoti generosi. Le ombre sono i pesanti problemi di natura sociale che siamo soliti unificare nella realtà della ’ndrangheta. Tutto questo ci deve provocare ad uscir fuori, a non cedere al fatalismo a saper andare all’attacco, come dice il Papa nella Evangelii gaudium. La nostra è una Chiesa che non sempre riesce a rispondere in maniera evangelica alle provocazioni. Dunque c’è molto da dire, da dare e da fare.Stabilito che neanche il Papa ha la bacchetta magica, cosa è lecito attendersi dalla sua visita? Nel periodo di preparazione ho assistito a un impegno fortemente motivato e grandemente entusiasta da parte di sacerdoti e laici. A me basterebbe che questo entusiasmo e queste motivazioni forti, questa voglia di radicare nella preghiera la preparazione alla visita restassero come patrimonio acquisito. Se questo succedesse, unendosi alla ventata di freschezza che sicuramente ci porterà il Santo Padre, sono sicuro che riusciremmo a dare sempre di più quelle risposte evangeliche di cui si diceva prima.
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