lunedì 18 luglio 2016
​Il segretario generale della Cei al convegno di Romena dedicato al tema della "fiducia". Il discorso integrale
Galantino: fiducia per un mondo migliore
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Una delle più gravi malattie spirituali degli uomini del nostro tempo, quella che forse coagula in sé tutte le altre e più incide nella vita delle persone, è la tendenza all’individualismo, a cercare la propria felicità a prescindere da quella altrui, tenendo le distanze dagli altri quasi a difendersene”. Lo ha detto, come riferisce il Sir, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, soffermandosi sulla “necessità, per il nostro tempo, di riscoprire e costruire la fiducia, della quale il nostro mondo è così assetato e senza la quale rischia di cadere in un gorgo di individualismo e tristezza”. La tendenza all’individualismo, che “ha trovato il suo ideale luogo di coltura nella mentalità consumistica” – ha spiegato il vescovo intervenendo domenica, a Romena, ad un convegno sul tema della “Fiducia” organizzato dall Fraternità di Romena – “si oppone radicalmente a tanti segni e sforzi di bene che troviamo accanto a noi, e dei quali pure è ricco il nostro tempo”, come il “forte desiderio – seppure spesso tradito – di un’etica pubblica rigorosa”, la “diffusa partecipazione a gruppi e iniziative di volontariato”, il “sentimento di compassione che muove tanti davanti ai fatti di cronaca più pietosi”. Tutti “germi positivi”, questi, che “stentano a svilupparsi e a crescere, a causa di un clima di timore e diffidenza, il quale mina le relazioni e compromette la circolazione dei beni relazionali che ne scaturiscono, i quali sono i più preziosi ed essenziali”. “Chi scelga di impiegare una parte del proprio tempo libero non per se stesso ma per dedicarsi agli altri, per esempio visitando delle persone malate o assistendo poveri ed esclusi, genererà delle ricchezze umane e relazionali che prima non esistevano”, ha assicurato Galantino: “Il sorriso regalato a chi soffre, l’ascolto offerto a chi sente il bisogno di comunicare per le sue pene, la promessa di essere presente nel momento del bisogno rappresentano dei sostegni umani non sostituibili con alcun tipo di assistenza tecnica o materiale, e non reperibili sul mercato”. “Per una società e una Chiesa della fiducia e non della diffidenza – la ricetta del segretario generale della Cei – è necessario moltiplicare tali beni e combattere, anzitutto in noi, la tentazione a isolarci e a difenderci da chi sentiamo diverso, chiudendo il cuore, sbarrando i confini e ripiegandoci nel conseguimento di una felicità solo apparente, perché vissuta per se stessi”. “Potareè “un verbo significativo per il Vangelo, è condizione del progresso spirituale e umano e si lega fortemente al cammino della fiducia”. Ne è convinto Galantino, che ha continuato: “solo chi sa recidere da sé i rami secchi o le foglie malate, non sarà appesantito da ciò che è inutile o dannoso e potrà uscire dal ripiegamento su se stesso, per aprirsi agli altri e costruire insieme a loro”. “La fraternità – ha spiegato il vescovo – presuppone un lavoro personale di conversione continua, e quindi una potatura sempre aggiornata, sempre da rifare”. “Se il nostro impegno spirituale funziona bene – ha precisato Galantino – la potatura sarà inizialmente di rami grandi, e via via si concentrerà sempre più su dettagli più piccoli. Ma di continuo ci sarà da potare e ripulire”. “Ce lo insegna santa Teresa di Lisieux – ha proseguito il vescovo – quando paragona lo stato della nostra anima alla limpidezza di un bicchiere: se guardato con superficialità o a distanza, esso può sembrare pulito, ma man mano che si avanza nella via della perfezione, e si pone la nostra anima più a contatto con il sole divino, ecco che appaiono tante imperfezioni e il pulviscolo, che prima neppure veniva notato, va ora tolto e ripulito”. "Non abbattiamoci allora se ci scopriamo imperfetti”, l’invito del segretario generale della Cei: “anche queste sono debolezze che attirano la misericordia di Dio e lo spingono ad agire; né scandalizziamoci dei limiti altrui, pur se a volte ci fanno soffrire”. “Il grande nemico della Chiesa in uscita, ma più in generale, il grande nemico di una società e di una Chiesa aperta è la voglia di autopreservarsi e di preservare le strutture, da quelle fisiche a quelle mentali e interiori”. Ne è convinto monsignor Galantino. Che ha spiegato che “la riforma delle strutture esige l’impegno per una pastorale che, in tutte le sue istanze, sia più espansiva, aperta e non ripetitiva”. “Ogni nostro sforzo deve mirare a rendere la Chiesa più vera e autentica, più limpida e quindi più bella e capace di attrarre tanti”, ha detto il segretario generale della Cei “traducendo” il “sogno” di Papa Francesco. “Non è, questo, un progetto di dominio, come qualcuno teme, ma un programma di servizio universale”, ha precisato: “Dare vita a una Chiesa più missionaria e a comunità cristiane più aperte e sostenute dalla fiducia non ha come obiettivo ultimo il miglioramento della Chiesa in sé ma, appunto, la sua missione. Il fine della santità della Chiesa non è la santità della Chiesa, ma la sua presenza salvifica per il mondo intero attraverso il servizio e la testimonianza rese al Signore Risorto”. “Nonostante la fatica che tutto questo comporta – ha proseguito – questo non è il tempo, ammesso che lo sia mai stato, per ripiegarsi sulla lamentela di quello che manca o per concentrarsi sulla zizzania, invece che sul vino nuovo. Dobbiamo educarci di più a partire col piede giusto; a partire cioè col vedere ciò che c’è di bello e di buono in questo nostro mondo, capace di alimentare la violenza cieca che non smette di mietere vittime, ma è anche in grado di aprire orizzonti nuovi e spazi di vita imprevisti”. “Guardiamo alla vita di ognuno di noi”, l’invito del vescovo: “Tante volte mi sembra proprio di potercela fare e di non riuscire a venire a capo di fragilità che rischiano di isterilire la mia vita. Poi, in maniera imprevista e del tutto gratuita e quindi provvidenziale, incrocio una parola, uno sguardo o un invito che rimette tutto in moto nella direzione giusta. Quella che, capisci, è la direzione sulla quale il Signore ti vuole in cammino”. Per Galantino, “quello che vale per il singolo, vale per la Chiesa intera”.
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