martedì 15 giugno 2010
Oltre 5 mila fedeli nella cattedrale milanese per le esequie del vicario apostolico dell'Anatolia. Hanno concelebrato circa 300 sacerdoti e e oltre 40 presuli provenienti da tutto il mondo.
Le pietre del Vangelo di F.Ognibene
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La bara di legno chiaro è in terra davanti all’altare maggiore del Duomo. Sopra, un vangelo aperto, la Parola di Dio annunciata a una Chiesa di minoranza, oggi sofferente. Perché quello è il senso della vita di un uomo consacrato a Dio e del suo supremo sacrificio. La chiesa ambrosiana onora così i sacerdoti quando muoiono e ieri, nella cattedrale gremita da più di cinquemila persone commosse, il Cardinale Tettamanzi ha celebrato i funerali del vicario apostolico per l’Anatolia Luigi Padovese, barbaramente assassinato a Iskenderun lo scorso 3 giugno, giorno del Corpus Domini, da chi considerava «amico e figlio». Funzione solenne e toccante, concelebrata con 40 vescovi di tutto il mondo e oltre 300 sacerdoti, che hanno accolto l’invito dell’Arcivescovo di Milano e sono per l’estremo saluto a quello che nell’omelia Dionigi Tettamanzi chiama «vescovo mite e sapiente, vero costruttore di riconciliazione e di pace, che ha stretto un’alleanza nel suo sangue, offrendo tutto se stesso per l’annuncio del Vangelo e per la vita di coloro che gli erano stati affidati». In prima fila, davanti al feretro, piange composta la famiglia - fratello, cognata, le due giovani nipoti - del vescovo partito da Milano come frate cappuccino alla volta della Turchia per guidare la chiesa d’Anatolia fondata da San Paolo. Dietro, i rappresentanti della piccola comunità cattolica turca sotto choc per il brutale delitto. Tra i vescovi, oltre al nunzio per l’Italia Giuseppe Bertello, che legge in apertura il messaggio della Segreteria di Stato, è presente il successore di Padovese Ruggero Franceschini e, in rappresentanza del Papa, l’ex nunzio in Turchia, il maronita Edmondo Farhat e il presidente della Caritas italiana Giuseppe Merisi. Padovese era il responsabile della Caritas turca. Presente per padre Luigi, studioso e alfiere del dialogo, anche il consiglio delle chiese cristiane. Rappresenta lo stato turco l’ambasciatore presso la Santa Sede Kenan Gursoy. Per il governo ci sono in Duomo i sottosegretari agli Esteri Stefania Craxi e Alfredo Mantica. Tra le autorità, il Vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, l’europarlamentare Patrizia Toia, il presidente della Regione Roberto Formigoni, il quale chiede a Berlusconi di premere su Ankara per aprire un’inchiesta ufficiale, e il sindaco di Milano Letizia Moratti. La liturgia ambrosiana prevede, per il funerale di un prete, che le due letture raccontino la Passione secondo Luca e Matteo. Il Vangelo di Giovanni proclama la Resurrezione.«Nell’esistenza di questo nostro fratello e padre – spiega nell’omelia il Cardinale – si è realizzata la parola di Gesù che ha paragonato la vittoria della sua Pasqua al mistero del seme che porta frutto nel suo morire: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se invece muore produce molto frutto». Tettamanzi sceglie parole consolatorie, dando senso di speranza alla tragica morte del vicario, «fratello nostro, angelo della tua Chiesa». «Il suo corpo e il suo sangue – prosegue l’Arcivescovo di Milano – sono caduti sulla terra di Turchia e, pur nel dolore e nelle lacrime, ci appaiono per quel che sono: non più segni di una vita strappata da violenza insensata e tragica, ma offerta viva di sé che padre Luigi ha vissuto in ogni giorno della sua missione di vescovo, di amico della pace, di fratello di ogni uomo».Tettamanzi rivolge un pensiero particolare alla chiesa di Turchia: «da oggi la chiesa ambrosiana si sente legata a voi in modo ancor più profondo e particolare. Vogliamo   raccogliere e affrontare la sfida di essere sempre più coscienti della nostra identità cristiana e di saper offrire, senza paura, la testimonianza di una vita autenticamente evangelica». Alla fine, quando la bara esce tra gli applausi, risuonano quasi profetiche tra le navate gotiche le parole scritte dallo stesso Padovese nella lettera pastorale del 2006: «Ora voglio invitarvi a guardare in alto e a vincere la tristezza, dal momento che la nostra speranza cristiana è più forte di ogni certezza».
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